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Cina, la crisi arriva nella città-fabbrica

dal nostro inviato Luca Vinciguerra

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7 GENNAIO 2008
VIDEO / Anche la fabbrica più grande del mondo colpita dalla grande crisi

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Per evitare spiacevoli malintesi con la forza lavoro, l'imprenditore taiwanese ha scritto un piccolo manuale da consegnare ai dipendenti al momento dell'assunzione. Ecco qualche aforisma tratto dal "libretto rosso" di Gou: «L'interesse collettivo è più importante di quello individuale». Oppure: «In un'organizzazione i dirigenti svolgono il ruolo più importante, perché devono avere il coraggio di agire e comandare nell'interesse generale». Ma, di fronte alla crisi che negli ultimi mesi ha travolto il made in China azzerando le certezze dei suoi capitani d'industria, oggi è difficile dire quale sia il vero «interesse generale». Quello degli azionisti di Foxconn? Oppure quello dei suoi lavoratori?
Il crollo dei consumi mondiali, innescato dalla crisi finanziaria, ha avuto ripercussioni terribili e immediate sulle esportazioni cinesi. E il settore dell'elettronica, che da solo rappresenta circa un terzo delle vendite di made in China sui mercati stranieri, è stato uno dei più colpiti dal ciclone. Così, verso metà ottobre, anche Foxconn non ha avuto dubbi su quale fosse l'interesse generale, e ha iniziato a sfoltire gli organici. Pesantemente. «Nella mia squadra eravamo in 15, ma ora siamo rimaste in 4 e non abbiamo neanche tanto da fare», spiega una giovane operaia che lavora all'assemblaggio delle batterie per telefonini. «Nella divisione ricerca e sviluppo hanno tagliato il 15% dei dipendenti», aggiunge un tecnico specializzato. «A giudicare da come stanno andando i miei affari, là dentro di gente devono averne licenziata parecchia», dice un negoziante di sigarette che lavora nel mercato antistante i cancelli di Foxconn. «Fino a un paio di mesi, incassavo circa 500 yuan al giorno. Oggi faccio fatica ad arrivare a 200», afferma una signora che gestisce otto cabine telefoniche.

Secondo le indiscrezioni che circolano a Longhua, negli ultimi due mesi la Foxconn avrebbe già licenziato circa 40mila dipendenti. Qualcuno sostiene che i tagli effettivi sarebbero addirittura il doppio. «I primi a saltare sono i neo-assunti. L'unica nota positiva è che qui, a differenza di quasi tutte le altre aziende della zona, i licenziati percepiscono una compensazione di sei mensilità», dice un operaio che ha già la valigia pronta. Tra pochi giorni gli scade il contratto e sa già che non gli sarà rinnovato. «Non mi resta che tornare al mio villaggio nell'Hunan», dice rassegnato.
La crisi della gigantesca città-fabbrica di Longhua è solo la punta dell'iceberg. Nelle prossime settimane, centinaia di migliaia di operai che lavorano nel delta del Fiume delle Perle riprenderanno la via di casa. Ma per molti di loro sarà un viaggio senza ritorno.

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