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Intervista all'ammiraglio Giampaolo Di Paola

di Paolo Migliavacca

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3 aprile 2009

L'ammiraglio di squadra Giampaolo Di Paola, 65enne ex capo di Stato maggiore della Difesa, dal febbraio 2008 è il presidente del Comitato militare della Nato, il massimo organo militare collegiale dell'Alleanza eletto dai stati i capi di Stato maggiore dei paesi membri dell'Alleanza. Per il Sole-24 Ore on-line ha fatto il punto sulla situazione presente e le prospettive della Nato in occasione del 60° anniversario della sua creazione.

Finita la Guerra fredda e sciolto il Patto di Varsavia, la Nato continua spesso a essere definita una "organizzazione con un brillante futuro alle spalle". Non trova cioè un chiaro compito da svolgere sul piano internazionale. Come reagisce a questa definizione provocatoria? In altri termini, cosa è destinata a diventare l'Alleanza dopo 60 anni di vita: lo strumento delegato a gestire su scala planetaria la lotta al terrorismo internazionale per conto dell'Occidente, come pensava l'amministrazione Bush? Il mezzo destinato a contrastare minacce atipiche, come la lotta alla pirateria navale o al narcotraffico internazionale, come sembra stia accadendo in Afghanistan? O che altro ancora?
La sua domanda muove da un vecchio paradosso semplificativo: la Nato è sopravvissuta a se stessa e ora deve trovare un nuovo compito. Se invece guardiamo all'Alleanza da un punto di vista fattuale, scopriamo che la Nato si è continuamente trasformata riorientando le sue funzioni nel rispetto del suo valore fondamentale: essere un'alleanza di democrazie liberali che credono nei valori fondamentali del liberalismo democratico e sono decise a proteggere questi valori. Le forme attraverso cui questa salvaguardia si estrinseca è variata e varierà nel tempo in funzione delle sfide. Al tempo del Patto di Varsavia era vitale l'aspetto dell'alleanza militare volta a proteggere i suoi valori costitutivi da una minaccia soverchiante. Quando tale minaccia è cessata e si sono manifestate forme diverse d'instabilità, come quelle nei Balcani e poi fuori dal continente europeo, ecco che la Nato si è fatta carico dell'espansione della sicurezza a queste aree attraverso l'allargamento dei suoi membri e la stabilizzazione dell'Est europeo nell'ambito del mandato Onu, poi all'ampliamento di queste missioni alla lotta la terrorismo internazionale, in Afghanistan come altrove. Non vanno quindi attaccate alla Nato etichette riduttive: essa combatte il terrorismo, la pirateria navale, i narcotraffici. In realtà, nell'ambito del suo compito primigenio di difesa dei valori liberal-democratici, l'Alleanza svolge il suo compito assumendo incarichi via via differenti.

Da un decennio i rapporti con la Russia costituiscono per la Nato un vero rovello politico-diplomatico-strategico. Come giudica il loro costante degrado, dal caldo "abbraccio" di Pratica di Mare del maggio 2002, con la creazione del Consiglio di Cooperazione bilaterale, alla recente, grave crisi del conflitto con la Georgia? E qual è l'obiettivo della recentissima decisione dell'Alleanza di riprendere le relazioni con Mosca?
Va innanzitutto precisato che le relazioni con Russia, se non vitali, sono certo assai importante. Ma questo è nella realtà dei fatti: la Russia è un attore protagonista della realtà euro-atlantica e quindi è inevitabile avere con essa un rapporto costruttivo. Su molti punti tra le parti c'è convergenza d'interessi: la lotta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa e al terrorismo internazionale, il conflitto in Afghanistan, senza dimenticare l'energia, dato che la Russia uno dei massimi produttori mondiali d'idrocarburi. Riprendendo le relazioni con Mosca, abbiamo però dimenticato come la Russia si è comportata con la Georgia: continueremo a non approvare ciò che accaduto. Ma ciò non vuol dire che non si possa e non si debba cercare di riaprire un rapporto costruttivo. Anche la Russia deve però volere questa ripresa di rapporti perché, come si dice, bisogna essere in due per ballare un tango. Non basta essere un grande Paese per vedersi riconosciuto un grande ruolo. Questo lo si deve conquistare attraverso comportamenti responsabili, coerenti e rispettosi delle norme di comportamento internazionale. Lo "spirito di Helsinki" - che la Russia cita così spesso e di cui è una dei depositari, quanto a norme di convivenza europea - non contempla ciò che è accaduto l'estate scorsa nel Caucaso: la Georgia e suoi confini sono riconosciuti dalla comunità internazionale.

La Nato è favorevole alla recente proposta del presidente Dimitri Medvedev di un "partenariato strategico" con la Russia, nell'ambito della cosiddetta "nuova architettura della sicurezza europea", cui la Francia è sembrata molto favorevole?
L'alleanza, in quanto tale, non si è ancora ufficialmente pronunciata: attende di vedere quali contenuti concreti la Russia intenderà dare alla sua proposta.

Qual è la posizione della Nato sul discusso progetto Usa di creare in Polonia e Repubblica ceca un sistema di difesa antimissile a protezione dalle future minacce iraniane?
  CONTINUA ...»

3 aprile 2009
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