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L'energia balla fuori tempo

di Federico Rendina

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23 maggio 2009

Effetto boomerang: gli investimenti bloccati possono paralizzare la ripresa

Stremati dalla crisi economica mondiale. Ma il grande guaio - ammoniscono gli analisti dell'Agenzia internazionale per l'energia - potrebbe venire, paradossalmente, dopo. Sotto forma di una crisi energetica da "rimbalzo", che potrebbe stendere al tappeto molte delle ambizioni di ripresa e poi di nuova crescita.
Il fenomeno trainante di questo sciagurato scenario, a ben vedere, non è nuovo: la crisi deprime gli investimenti, strozza la ricerca, smobilita gli impegni sul triplo e decisivo fronte dell'approvvigionamento delle fonti tradizionali (petrolio e gas), dell'efficienza energetica e dello sviluppo delle tecnologie "verdi" che insieme a un rinnovato impegno sull'energia nucleare dovrebbero garantire il rispetto, o almeno l'avvicinamento, agli obiettivi ambientali di Kyoto.
Ed ecco, una volta agganciata la ripresa, l'effetto boomerang. La richiesta riprende a decollare. L'efficienza energetica nel frattempo ha camminato al rallentatore. Gli investimenti sulle vecchie e nuove fonti sono stati bloccati o comunque fortemente ridimensionati. Le emissioni (che proprio grazie alla crisi si stavano automaticamente flettendo) tornano a gonfiarsi. Gli approvvigionamenti faticano a tenere il passo. E i prezzi dell'energia, inevitabilmente, puntano a nuovi decolli.
Guai da effetto ciclico, nel passato. Ma questa volta come la mettiamo con i programmi di sviluppo del "nuovo", e ingordissimo di investimenti, nucleare? E gli incombenti impegni di Kyoto? E che ne sarà del prezzo del barile, depresso dalla recessione ma pronto (eloquenti i segnali delle ultime settimane) a scattare, trascinando anche le quotazioni del gas?
Potrebbe essere una crisi energetica grande più che mai, in termini d'impatto economico negativo sui fattori di sviluppo. Sporca più che mai, in termini di crescita delle emissioni inquinanti.
Ecco perché gli analisti dell'Agenzia internazionale per l'energia hanno trasformato il loro monito in un documento analitico, denso di numeri e previsioni, al servizio dei manovratori mondiali dei governi riuniti da oggi a lunedì a Roma per il G-8 Energia. Diagnosi e moniti, ma anche indicazioni e un caldo invito: gli investimenti che degli Stati stanno comunque attivando per sorreggere l'innovazione energetica sono largamente insufficienti.
Certo, la mobilitazione contro la crisi globale non manca. Per attutirne gli effetti e invertire la rotta i manovratori dell'economia e della politica mondiale hanno messo in campo "pacchetti" d'intervento – fa notare l'Aie nel suo report – per la non disprezzabile cifra di 2.600 miliardi di dollari. «Ma solo il 5% di tutto ciò è dedicato ai problemi cruciali delle risorse energetiche, della promozione dell'efficienza, allo sviluppo delle rinnovabili e comunque alle alternative alle fonti fossili», rimarca Fatih Birol, capo economista dell'Agenzia. I rimedi? «Per prevenire l'effetto boomerang della contrazione degli investimenti e allo stesso tempo rendere credibile l'obiettivo, già delineato dall'Aie, di limitare la crescita del riscaldamento globale a 2 gradi centigradi da qui al 2030 questo impegno va almeno quadruplicato», ammonisce Birol sulla scorta del suo puntiglioso rapporto ai ministri dell'energia.
La contrazione degli investimenti energetici è significativa, in tutto il mondo e in tutti i settori: ricerca ed esplorazione, raffinazione, distribuzione di idrocarburi, ricerca e sviluppo delle tecnologie verdi. E non ultimo il nucleare, per il quale era stato annunciato o promesso (anche in Italia) un vero "rinascimento": una gelata, anche qui.
«Le compagnie petrolifere - rimarca Birol - hanno cancellato o rinviato investimenti per circa 170 miliardi di dollari, che nel futuro prossimo sottrarranno alla disponiblità mondiale almeno 2 milioni di barili di petrolio al giorno. E se il trend rimarrà quello attuale, nei prossimi 18 mesi si aggiungeranno ulteriori tagli per 4,2 milioni di barili». Non meno marcato - sottolinea il rapporto Iea - il taglio dei progetti nel gas: i 28 milioni di metri cubi al giorno di tagli alla nuova capacità programmata potrebbero arrivare a fine anno a 100 milioni e oltre. Una frenata, nei piani per incrementare l'upstream di petrolio e gas, di oltre il 20 per cento. E per il carbone potrebbe andare anche peggio: la contrazione degli investimenti potrebbe raggiungere a fine anno il 40 per cento.
Guai a pensare che l'attuale abbondanza di greggio e metano sui mercati, tutta determinata dal calo di domanda causato dalla recessione, possa ben compensare le nuove spinte che verranno dall'inversione del ciclo economico mondiale: «Con la ripresa, la richiesta potrebbe crescere ben oltre», avverte Birol, riferendosi non tanto ai paesi ad economia matura (Italia compresa) ma alla prorompente pressione, che ora è solo in stand by, di giganti emergenti come India e Cina.
Il presente, insomma, inganna. Perché dietro l'apparente abbondanza di carburanti a prezzo calmierato c'è solo e soltanto la crisi, insiste la Iea. Tant'è che il 2009 si chiuderà per la prima volta, a meno di immediate quanto improbabili inversioni, con una discesa dei consumi elettrici globali: -3,5 per cento. Difficile, con questo trend, pretendere la salvaguardia dei piani d'investimento per estrarre un petrolio sempre più ostico, come quello faticosamente setacciato dalle sabbie bituminose del Canada, redditizio solo se il prezzo del barile va stabilmente oltre i 70 dollari. Difficile pretendere che con questo trend di consumi le società energetiche mantengano inalterati i piani di sviluppo delle infrastrutture.
  CONTINUA ...»

23 maggio 2009
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