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Referendum in Svizzera: vittoria del «no» ai minareti

di Lino Terlizzi

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29 novembre 2009

Dalla domenica di referendum in Svizzera esce un segnale inatteso, destinato a influenzare sia la scena politica sia quella economica. Contro le previsioni della vigilia, è passato infatti il divieto alla costruzione di minareti. Nel referendum nazionale la proposta della destra populista, cioè del partito dell'Udc e di altre formazioni minori, è stata accolta con una maggioranza del 57,5 per cento. I sondaggi avevano indicato invece una maggioranza contraria alla proposta, del 53 per cento. L'iniziativa della destra populista elvetica ha ottenuto anche la maggioranza dei cantoni, necessaria in questo caso perchè il divieto a nuovi minareti comporterà anche alcune modifiche alle norme costituzionali.

La conferenza dei vescovi svizzeri considera il risultato di oggi «un ostacolo sulla via dell'integrazione e del dialogo interreligioso nel mutuo rispetto». Secondo il loro portavoce Walter Mueller si è arrivati a questo punto perché non si è stati capaci di dare una giusta risposta ad alcune paure legate all'integrazione di diverse religioni e culture. Sul risultato, secondo Mueller, ha influito anche la situazione dei cristiani, vittime di discriminazione e oppressione, in alcuni paesi musulmani. Il segretario generale della Conferenza episcopale svizzera, monsignor Felix Gmur definisce la decisione contro i minareti «un duro colpo alla libertà religiosa e all'integrazione». Gmur ha anche precisato che «i vescovi non sono contenti».

Solo quattro cantoni su 26 si sono opposti al divieto: Ginevra, Vaud,Neuchatel, Basilea Città. Attualmente i minareti, con le caratteristiche torri, in Svizzera sono quattro, le semplici moschee sono invece numerose. I musulmani nella Confederazione sono 300-400mila, su una popolazione di circa 7,5 milioni. Sin qui non si sono registrate tensioni particolari, ma la destra populista ha voluto lanciare un segnale marcato contro quello che ha definito il pericolo del potere islamico rappresentato dai minareti.

Una chiara sconfitta per il Governo di Berna e per i partiti di centro e di sinistra. Sconfitte anche le associazioni delle imprese, che si erano schierate contro il divieto e che temono ora ripercussioni negative nei rapporti economici tra Svizzera e paesi islamici. L' export verso i Paesi islamici ha costituito nel 2008 il 7% del totale, un eventuale boicottaggio potrebbe causare danni rilevanti, soprottutto ai settori dell'orologeria, farmacia, banche e turismo.

A parziale consolazione per il Governo, il no (al 68%) al divieto di export di armi, che era stato proposto da formazioni pacifiste e di sinistra. Ma la scena ora nella Confederazione è occupata dall'inatteso e clamoroso no ai minareti.

29 novembre 2009
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