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Ucraina aggrappata all'Fmi

dalla nostra inviata Antonella Scott

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29 dicembre 2009

Per essere un inno nazionale, le prime parole suonavano un po' troppo scoraggianti: così, nel 2003, l'attacco «L'Ucraina non è ancora morta...» venne modificato nella dichiarazione che «la gloria e la libertà dell'Ucraina non sono morte», a ricordo comunque del fatto che per questo paese, chiamato a un destino difficile già nel nome - Ucraina significa "terra ai margini" - un'esistenza stabile non è mai scontata. Oggi la sfida non viene da un esercito straniero, ma dalle casse dello stato svuotate dalla crisi. Un altro Capodanno con il fiato sospeso: «L'Ucraina - sintetizza Denis Shauruk, analista di Alfa Capital - ancora non sa se imboccare la via della ripresa, o unirsi alle fila delle nazioni in pre-default».
Il Fondo monetario internazionale - che quest'anno è stato il principale punto d'appoggio finanziario per Kiev - sembra deciso a sospendere i prestiti almeno fino alle elezioni presidenziali del 17 gennaio; la Russia prevede una fine d'anno tranquilla per i dipendenti di Gazprom ma ha gli occhi fissi sul 7 gennaio, Natale ortodosso e scadenza dei termini per il pagamento del gas consegnato agli ucraini in dicembre. Quest'anno però i problemi per l'Europa potrebbero venire da una crisi sul fronte del petrolio. Il mondo della politica ucraina usa l'economia in chiave elettorale: come se a bordo di una nave che rischia di affondare, gli ufficiali al comando si ostinassero a compromettere i piani di salvataggio dei rivali, invece di riunire gli sforzi.
Per un'economia vulnerabile più di ogni altra in Europa perché troppo aperta, e dipendente dall'export di acciaio e prodotti chimici colpiti dal calo della domanda globale, la parola "default" è stata evocata fin dall'autunno del 2008. Quando il Fondo monetario corse al salvataggio: qui non si può rischiare, la bancarotta di una delle più grandi economie dell'Est Europa ne innescherebbe altre. Per questo l'Fmi è stato flessibile, e nel corso del 2009 ha corrisposto il pagamento di un prestito di 16,4 miliardi di dollari, a prescindere dal rispetto degli impegni presi: il primo di questi era un budget senza deficit.
In autunno, il partito del candidato alle presidenziali in testa nei sondaggi, Viktor Yanukovich, propose di aumentare del 20% pensioni e salari minimi, e il presidente Viktor Yushchenko firmò la legge. «Una bomba atomica piazzata sotto le finanze del paese», disse il primo ministro Yulia Tymoshenko; «temo che ora sarà molto difficile completare la revisione del nostro programma», aggiunse da Washington Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del Fondo. Ma la vita della Tymoshenko alla guida del governo è un duello incessante con Yushchenko, e sono loro tre - Yushchenko, la Tymoshenko e Yanukovich - i candidati di spicco per le presidenziali, che dovrebbero giocarsi in un ballottaggio tra la premier e Yanukovich. Così l'Fmi fece un passo indietro, congelando l'erogazione della quarta rata del prestito, 3,8 miliardi. Sono i soldi di cui il governo ha bisogno per sopravvivere fino al voto: per Yulia Tymoshenko è in gioco il sogno della presidenza, oltre che la solvibilità del paese. Improvvisamente, il Fondo monetario si è trovato in una posizione estremamente delicata, arbitro di una decisione dai contorni politici.
Con la speranza di convincere i dirigenti dell'Fmi, il vicepremier Nemyria ha lanciato un appello a Washington, una richiesta urgente per metà della tranche rimasta sospesa. «Yulia Tymoshenko - dice Alex Brideau, analista di Eurasia Group, agenzia di ricerca e consulenza sul rischio politico - ha basato la propria campagna elettorale sulla promessa di una ripresa economica. Se avrà problemi con i pagamenti degli stipendi, dei sussidi sociali o del gas, rischia di perdere consenso tra gli elettori».
La possibilità che manchino i fondi per rispettare i pagamenti del debito sovrano non è stata evocata nell'appello di Nemyria, e per ora gli economisti non lanciano l'allarme. «Dubito che l'Ucraina vada in default sul debito estero sovrano - spiega Oleksandr Zholud, economista del Centro internazionale di studi politici di Kiev - è distribuito sull'arco di diversi anni, e nel 2010 non sono previsti rimborsi pesanti». Ma ciò che rende l'Ucraina uno dei paesi al mondo più costosi per gli investitori - il rischio di default è fissato al 54,6% - è il carico del debito del settore privato, la vulnerabilità delle banche danneggiate nei primi mesi del 2009 dalla svalutazione della grivna e da un accesso ridotto al credito, il debito pubblico interno e quello delle grandi società di stato. Naftogaz, la compagnia del gas cui spettano i pagamenti a Mosca, è già riuscita a riscadenziare parte del proprio debito, spiega Zholud, «Ukrzaliznytsia (la compagnia ferroviaria, ndr) sta negoziando. Ma ci sono altre aziende pubbliche che si sono indebitate all'estero, e che potrebbero non riuscire a rispettare i propri impegni».
È opinione comune che l'esito delle elezioni, qualunque esso sia, dovrebbe riportare un minimo di stabilità: fin dai primi giorni della Rivoluzione Arancione, con le tende che si moltiplicavano sulla Piazza dell'Indipendenza di Kiev per sostenere Yushchenko e la Tymoshenko, allora alleati, i problemi dell'economia ucraina sono sempre nati nella politica. Una svolta potrebbe coincidere con i primi segnali di ripresa attesi per il prossimo anno. «Del resto, pur nella sua debolezza - spiega Silvio Pedrazzi, presidente del Supervisory Board di Pravex Bank, di Intesa Sanpaolo - l'economia ucraina ha risorse che le permettono di autoregolarsi. Dal punto di vista finanziario il vero problema era il sistema bancario, tuttora molto fragile, e tuttavia la Banca centrale è riuscita a gestire tutte le situazioni, e oggi il rischio sistema bancario è inferiore rispetto ai mesi scorsi. Diverse banche, tra cui la nostra, hanno ripreso a fare credito».
  CONTINUA ...»

29 dicembre 2009
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