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Il merito pesa fino a 64mila euro

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Lunedí 05 Ottobre 2009


Manca solo il via libera finale del governo, che potrebbe arrivare già in settimana, e la riforma Brunetta del pubblico impiego sarà legge. Gli stipendi di dirigenti e dipendenti pubblici sono sul punto di salire sull'ottovolante del merito, chiamato a gonfiare o tagliare la busta paga in base ai risultati individuali.

Il valore della sfida dipende dalle qualifiche e dalle amministrazioni di appartenenza, ma promette di essere alto: anche 64mila euro lordi di differenza tra i "bravi" e gli "scarsi", per i dirigenti statali di punta. In percentuale la quota oscilla fra il 7 e il 20% della retribuzione totale, in aumento per i meritevoli e in decurtazione per i meno produttivi. Negli anni, poi, le cifre ballerine nelle buste paga dei dirigenti promettono di aumentare ancora, perché dal 2012 il decreto attuativo esaminato in queste settimane dal parlamento chiede di destinare alla produttività almeno il 30% dello stipendio annuale.

Dipendenti e dirigenti di regioni, sanità ed enti locali possono invece stare più tranquilli, perché le autonomie sono riuscite a ottenere una via decisamente più morbida verso la meritocrazia.

Tutto nasce dal sistema delle tre fasce di merito chiamate a dividere gli uffici pubblici fra i meritevoli (fissati nel 25% dei dipendenti totali), i lavoratori senza infamia e senza lode (50%) e gli improduttivi (l'altro 25%, con premio azzerato), e riserva alle prime due fasce le risorse destinate alla produttività (il 50% diviso fra gli eletti della prima fascia, il resto agli altri). Regioni, sanità ed enti locali, invece, potranno costruire le classifiche come vorranno, e soprattutto non saranno tenuti a lasciare completamente a secco almeno un quarto dei dipendenti.

Con l'approvazione definitiva del decreto, che attua la legge Brunetta varata il 4 marzo scorso (la 15/2009), si prova a passare dai princìpi alla pratica, e i primi interrogativi corrono ovviamente sul "prezzo" della rivoluzione. La tagliola del merito si esercita sulla «retribuzione di risultato» (per i dirigenti) o «produttività» (per i dipendenti), una dote che in ogni amministrazione viene distribuita fra i dipendenti. Con le nuove regole, la quota che si risparmia tagliando il premio ai dipendenti improduttivi andrà ad alimentare la busta paga dei meritevoli. Il risultato effettivo dipende dalla struttura di ogni ufficio e dalle modalità con cui oggi sono distribuite le risorse di risultato, che spesso sono spalmate a pioggia con assegni che cambiano solo in base alle stellette sulla giacca. Al netto delle variabili, comunque, la retribuzione di risultato potrebbe azzerarsi, rimanere stabile o raddoppiare, in base alla propria posizione in graduatoria.

Facciamo qualche esempio tratto dalle buste paga reali (importi lordi), pubblicate sui siti delle amministrazioni con «l'operazione trasparenza». Un dirigente di I fascia che lavora in un ministero (si veda il grafico) oggi guadagna 81.400 euro, e i 7.700 euro (il 9,5%) legati al risultato potrebbero salire a 14.400 oppure sprofondare a zero a seconda dei voti in pagella. Con la riforma a regime, dal 2012 la posta in palio dovrebbe salire a più di 24mila euro, cioè il 30% dello stipendio totale. Applicando gli stessi criteri a un capo dipartimento, si vola fino a quota 32mila euro, che diventano 71mila con la regola del 30 per cento. Sempre che, ovviamente, si trovi qualcuno con il coraggio di dire che il capo dipartimento lavora male e non merita il premio.

Se tutto funzionerà com'è previsto sulla carta, poi, le differenze rispetto alla situazione attuale dovrebbero essere ancora più profonde nei settori dove i premi di produttività coprono una parte marginale dello stipendio, come ad esempio la scuola: anche in questo campo, però, serve un po' di immaginazione per capire come si potranno mettere in gara fra loro figure come i dirigenti scolastici.

Tutti da scoprire, invece, gli effetti che la riforma del merito potrà avere in regioni ed enti locali. Ognuno, infatti, potrà sostanzialmente fare da sé, adeguandosi ai principi ma senza essere costretti a comunicare a un dipendente su quattro che la retribuzione di produttività per lui sarà solo un ricordo.
gianni.trovati@ilsole24ore.com

Lunedí 05 Ottobre 2009
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