Regate hitech per l'Azienda Italia
di Antonello Cherchi
dal Sole 24 Ore del 2 aprile 2007

Anche nella Coppa America "liberalizzata", dove gli equipaggi sono globalizzati (nei tre consorzi nostrani il tasso di italianità più alto è di Mascalzone: 67%di nazionali nel sailing team, contro il 46%di +39 e il 40%di Luna Rossa) e dove i vincoli territoriali sono diventati esili, il "fatto in casa"ancora resiste. I team nostrani utilizzano anche materiali e strumenti made in Italy.Prodotti accumunati dal fatto di essere all'avanguardia. Perché in Coppa America tutto deve essere al massimo e una volta superato il severo banco di prova delle regate, la tecnologiaè pronta per il mercato "normale".
Qualche prodotto è, anzi, già in commercio.Come le valvolee le pompe realizzate dalla Cariboni, che dal 1984 opera a Ronco Briantino,in provincia di Milano e realizza attrezzature oleodinamiche per barche. Le parti idrauliche dei tre consorzi italiani— ma anche di Desafio, Areva, Oracle, Victory e Shosholoza— sono marchiate Cariboni. «Abbiamo iniziato nel 2000 con la prima campagna di Luna Rossa —spiega Gianni Cariboni,titolare dell'azienda — e nel 2003 si è aggiunto Mascalzone Latino. Il nostro lavoro è stato apprezzato e ora forniamo diversi team. I prodotti che abbiamo cominciato a testare nel 2005 sono stati recentemente messi in commercio. Ora,infatti,i giochi sono fatti e non ci sono i tempi per cambiare parti strutturali delle imbarcazioni ».Altra veterana dell'America's cup è la ditta Gottifredi Maffioli, nata a Novara nel 1926 per produrre corde e trecce per il settore tessile e poi, via via, per tutti gli usi industriali. «Siamo stati i primi in Italia — racconta Pierangelo Maffioli, patron dell'impresa — a usare il nylon e fornimmo le corde per la spedizione del '54 sul K2 di Ardito Desio. In anni più recenti, il fatto di essere una delle poche aziende a usare il kevlar, ci ha fatto conoscere al mondo delle competizioni veliche. Ora siamo alla sesta Coppa America, da Azzurra fino a Luna Rossa e Alinghi, che quando ha vinto il trofeo aveva cime e scotte fornite da noi. Questa volta, oltre a Luna Rossae Mascalzone Latino, siamo impegnati con Alinghi, Desafio e Shosholoza.
Il kevlar ha, nel frattempo, lasciato il posto a trecce in dyneema e zylon, che hanno carichi di rottura molto più alti».
Innovativo è anche il sistema utilizzato dalla ditta Persico, di Nembro (Bergamo),per realizzare lo stampo di Luna Rossa. «Abbiamo lavorato — afferma Andrea Rottigni, responsabile della divisione nautica, una delle tre in cui si divide l'azienda — direttamente su uno stampo femmina, con fresatura a controllo numerico. In questo modo lo scafo finale corrisponde nei minimi particolari alle linee d'acqua costruite in tridimensione sul computer. Abbiamo partecipato anche alla fase di progettazione,perché abbiamo affinato, insieme al team di Luna Rossa, il disegno "informatico" dello scafo e poi, una volta realizzato lo stampo, abbiamo fornito spazi e attrezzature per costruire la barca, che è uscita finita dalla nostra azienda». Si è, invece, trattato di una prima volta per Maxspar, azienda di Genova dotata di un'autoclave di 50 metri, una delle più grandi al mondo, per la costruzione di alberi e boma per barche da crociera e da regata. «L'impegno — dice Enrico Franchetti, titolare dell'impresa —era di realizzare albero e boma di Mascalzone Latino, ma gli accordi sono stati poi rivisti perché è cambiato il management del consorzio. Così ci siamo limitati al boma, costruito su progetto del team di Mascalzone. Anche per +39 abbiamo realizzato il boma».
È un made in Italy sui generis quello messo a disposizione dalla Harken Italy: l'azienda fa, infatti, parte della multinazionale statunitense. «Ma per quanto riguarda i winch — sottolinea Giampaolo Spera, amministratore delegato della Harken Italy — noi facciamo tutto qui a Lurago Marinone, vicino Como: dalla progettazione alla realizzazione. E tranne i cinesi, tutti gli altri team hanno a bordo i nostri prodotti».