Guida al match race: strategia e tattica

Introduzione
Un velista di match race deve conoscere l'arte della previsione e quella degli scacchi. Un'affidabile sfera di cristallo determina spesso il destino della regata, così come la scelta delle mosse sul campo di gara. Velocità della barca e qualità degli uomini a bordo: sono questi gli elementi che portano alla vittoria o alla sconfitta nel duello del match race. Il successo finale dipende dal budget investito in tecnologia, ma anche dalla rapidità e coordinazione dimostrate dall'equipaggio nell'eseguire le manovre. La regata è un gioco di squadra, con 17 ruoli decisivi per aumentare le prestazioni della barca. Il centro di comando è il pozzetto, quella zona poppiera intorno al timone che accoglie il navigatore, lo skipper, lo stratega e il tattico, oltre al timoniere. È qui che la sfera di cristallo e la scacchiera devono sempre trovarsi a portata di mano, per scegliere dove dirigere la prua.

Strategia e tattica, una sceneggiatura con licenza d'improvvisazione
Il tattico rispetta l'imperativo categorico che pende sopra le vele della barca: controllare sempre l'avversario. È un dovere indispensabile per tagliare per primi la linea del traguardo. La strategia della regata trae ispirazione da numerose informazioni: le condizioni meteorologiche, l'intensità e la direzione del vento, la presenza di correnti, le caratteristiche della barca sfidante. Il pozzetto del team raccoglie i dati da studiare e analizzare, per poi stabilire la condotta di gara. La strategia è quindi una sorta di cornice, di pensiero ideale basato sulle conoscenze disponibili.
A questo punto, la scienza magica della previsione inizia a scontrarsi con le infinite variabili che interferiscono nel match race. Il vento può saltare, aumentare o diminuire la sua forza, la velocità reale può rivelarsi inferiore a quella stimata; infine l'avversario può azzardare una manovra imprevista. In frangenti come questi, il pozzetto deve abbandonare la sfera di cristallo e affidarsi maggiormente all'intuito, all'improvvisazione. Il tattico diventa quindi la figura chiave: è come uno sceneggiatore che ha preparato un testo minuzioso, e che all'improvviso s'accorge che è più redditizio stracciarlo e riscriverlo da capo, per assegnare nuovi copioni ai membri dell'equipaggio. Una scelta vincente, spesso, esaurisce la sua forza originaria: il tattico deve possedere fiducia nelle decisioni, così come flessibilità e coraggio per modificare in tempo reale ogni certezza.

La prepartenza e il dilemma del lato destro o sinistro
Il match race è una scacchiera un po' anomala, perché ammette solo due pedine che continuano a disporsi sul campo di regata, per completare il percorso nel minor tempo possibile. Le mosse delle barche sono spesso predeterminate dalle rispettive strategie; compito del tattico è prevedere e dunque bloccare quelle dell'avversario, per assicurarsi un vantaggio crescente. Le decisioni si giocano sul filo dei secondi: qual è la rotta migliore da seguire? Bisogna anticipare o ritardare una virata? Il comandamento principale del timoniere provetto è marcare il suo rivale, costringendolo anche all'errore, a cominciare dalla fase di prepartenza (che si disputa nell'omonimo box, antistante la linea di partenza). I timonieri hanno cinque minuti per darsi battaglia e rispondere, con il resto del pozzetto, a un dilemma che influisce su tutta la gara: partire a destra o sinistra. Il campo ha sempre un lato più favorevole, in base alla direzione del vento. La principale abilità del tattico consiste allora nel prevedere le rotazioni dell'aria, consigliando al timoniere la rotta ideale.
La barca col vantaggio iniziale è quella che arriva nel box dall'estremità destra della linea, presentandosi con mure a dritta e precedenza di rotta. La barca con mure a sinistra, invece, deve cedere il passo: una conseguenza frequente del primo incrocio è il "dial up", dove gli sfidanti si dispongono affiancati, con le prue al vento. È una situazione di momentaneo parcheggio, di vigile attesa per cogliere l'attimo decisivo e allentare la marcatura. Le barche possono anche inseguirsi a vicenda e iniziare il carosello del "neutral circling", che ricorda il proverbiale cane che si morde la coda. L'obiettivo, anche in questo caso, è tenere a freno l'avversario, valutando il momento propizio per scappare verso la linea di partenza. Il timoniere, per stabilire la velocità dello scafo e la distanza dal via, può contare su tre occhi supplementari, quelli di navigatore, sistema GPS e prodiere; se scatta in anticipo oltre la linea, è costretto a rientrare e ripetere lo start. Può anche cercare di spingere l'altra barca lontano dalla partenza, rallentando le sue manovre.

La bolina e il duello di virate
Dopo la partenza, le barche possono condurre una regata solitaria sui margini opposti del campo, o collocarsi sullo stesso lato. La scelta dipende dalle valutazioni del pozzetto. Ad esempio, la parte inizialmente sfavorevole può diventare la più vantaggiosa, per un salto di vento in quella direzione. Il timoniere mira sempre a una posizione di controllo, tra il punto d'arrivo (la boa di bolina) e la barca inseguitrice. In questo modo può guidare le mosse, proteggendo il lato destro o sinistro del campo, o cambiando rotta per cercare vento più forte. La barca sottovento si trova ora in una posizione scomoda, perché riceve l'aria disturbata dalle vele di quella che la precede. Allora può ingaggiare un duello di virate, il "tacking duel". Il timoniere prova così a smarcarsi dalla copertura, sperando di trovare aria pulita.
Che cosa succede quando le barche s'incrociano su mure opposte? Quella che proviene da destra possiede il diritto di rotta, ma la mossa decisiva spetta allo skipper che ha un margine di vantaggio. L'istante più propizio per la virata, se il margine è risicato, è a circa una lunghezza dall'avversario, nella posizione "lee bow". La barca in controllo rimane così leggermente sottovento, ma trovandosi davanti continua a sporcare l'aria dell'inseguitrice. Se invece lo spazio è ampio, il timoniere può passare davanti la prua dell'altra barca, per proseguire sul lato opposto o virare sopravvento, riportandosi in controllo.

La layline, rompicapo fluttuante a prova di nervi
Il navigatore, con GPS e computer, deve risolvere un rompicapo geometrico a ogni variazione atmosferica: quello della layline. È una linea immaginaria che passa dalla boa e genera un angolo, rispetto l'asse del vento, pari a quello tenuto dalla barca nella sua andatura di bolina. Il gergo velico usa l'espressione «stringere il vento». La barca, in altre parole, deve procedere a zigzag per risalirlo, ponendosi nella direzione di rotta più favorevole a gonfiare le vele e incrementare la velocità. In questo modo genera degli angoli, detti appunto di bolina. Quando arriva sulla layline, vira per dirigersi in boa. Il problema è che il vento può cambiare lato: ad esempio, se salta a destra di 10 gradi, la layline corrispondente si sposta di 10 verso l'interno del campo, mantenendo costante l'ampiezza dell'angolo con l'asse dell'aria. La layline di sinistra, invece, si allontana verso l'esterno, sempre di 10 gradi. Una barca che si trova a destra, così, deve coprire una distanza inferiore per avvicinarsi alla linea immaginaria, e viceversa un avversario dalla parte opposta.
Altri due termini del gergo velico sono calzanti: «navigare nel buono» e «nello scarso». Il vento, considerando l'esempio precedente, soffia con maggiore forza in prossimità della layline di destra (zona di buono). Il timoniere, però, corre un rischio a raggiungere la layline subito dopo la partenza, perché se il vento salta ancora, può trovarsi a navigare nello scarso oltre la linea, allungando inutilmente la rotta e dunque il tempo di percorrenza. La layline è quindi il riferimento ideale (ma fluttuante) per avanzare direttamente in boa, e spesso mette a dura prova i nervi del navigatore, impegnato col suo GPS a verificarne la posizione e prevederne gli spostamenti.

La boa nel mirino
I duelli di virate, le coperture e i calcoli frenetici della layline, servono a controllare o mettere pressione all'avversario, oltre che a sfruttare i salti favorevoli di vento. Una tattica comune è quella di marcare l'inseguitore, spingendolo verso la layline e quindi obbligandolo a navigare nell'aria disturbata dalle vele di chi lo precede. La barca, quando raggiunge la layline, vira verso la boa e si prepara a girare intorno (la boa va lasciata sempre a destra). L'equipaggio ha due manovre fondamentali a disposizione: la poggiata (bare away set) e la virata (tack set). Nel primo caso, la barca sopraggiunge dalla layline sinistra; gli uomini a bordo devono preparare il tangone, per issare lo spinnaker dopo il passaggio in boa. Nel secondo caso, la barca proviene dalla layline destra e deve prima virare, per poi poggiare. È una manovra più complessa, perché l'equipaggio deve issare il tangone contemporaneamente allo spinnaker, dopo la virata. Lo scafo perde più velocità, però ha diritto di rotta nell'eventuale incrocio con l'avversario.

Col vento in poppa e lo spettro del cono d'ombra
Il lato di poppa ripresenta molte situazioni della bolina, con la differenza che la barca inseguitrice ha maggiori possibilità di recupero. La navigazione è in favore di vento. Il dilemma del lato destro o sinistro si riaffaccia nella mente del tattico, appena passata la boa di bolina; se decide per quello sinistro, l'equipaggio deve compiere una strambata (gybe set) in quella direzione. Il timoniere in vantaggio ha l'obiettivo di controllare l'avversario, proteggendo il lato favorevole.
Rispetto la bolina, l'inseguitore può sfruttare meglio i salti di buono e ha maggiore libertà di manovra. Così può iniziare un duello di strambate, per avvicinarsi e togliere vento alla barca davanti, coprendola con il cono d'ombra dello spinnaker o del gennaker. Il sorpasso richiede astuzia e ottime qualità: il timoniere deve cercare un ingaggio con la barca in prima posizione, per spingerla sulla layline e poi strambare verso la boa. In questo caso, entra in gioco anche il concetto di giusta rotta (vedere la parte dedicata alle regole). Il cono d'ombra è uno spettro, che turba la tranquillità dei fuggitivi e li tiene sempre all'erta, salvo che il vantaggio sia tale da garantire una navigazione priva di rischi. L'edizione 2007 della Coppa America, infine, ha introdotto la novità del cancello di poppa, al termine del lato: è una linea immaginaria tra due segnali, al posto del giro intorno alla boa singola. Le barche devono quindi attraversare il cancello, scegliendo se continuare a destra o sinistra per la seconda bolina. Il dilemma del campo, con tutte le sue variabili e incognite, è sempre un bel grattacapo da risolvere.