Ci siamo. Questa sera a Torino, nel corso di una "notte bianca" che — presenti 7mila persone da 63 Paesi, sette ministri e il premier Romano Prodi — sarà festosa, fastosa e spettacolare, verrà svelata al mondo la Fiat 500. E l'erede del mito che mezzo secolo fa debuttò, sempre nella città sabauda, come Nuova 500 (per distinguerla dalla "vecchia", più conosciuta come "Topolino") domani sarà presentata dai vertici del Lingotto anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale.
L'aspetto della nuova arrivata non lascia dubbi: la discendenza è diretta e inequivocabile, ma sul grado di parentela le opinioni divergono: chi parla di figlia, chi — tenendo conto dei cinquant'anni esatti che le separano — di nipote. Il filo rosso è evidente, ma tecnologicamente le due vetture potrebbero essere nate su... pianeti diversi. Basta un'occhiata ai motori per capire quale "salto" (altro che due generazioni) rappresentino cinquant'anni nell'evoluzione dell'automobile.
La creatura ideata da Dante Giacosa (geniale progettista di tante Fiat che hanno fatto storia) esordì con un motore a due cilindri di 479 cc capace di erogare ben 13 Cv e di spingere (era in posizione posteriore raffreddato ad aria) la vettura fino a 85 chilometri all'ora. I consumi, fantastici per l'epoca ma in grado di ben figurare anche adesso, erano mediamente di 4,5 litri per 100 km. E chiunque abbia avuto la fortuna di guidare il vecchio "cinquino" non può non ricordare che fare il pieno era l'ultima delle preoccupazioni.
E le cose non sarebbero granché cambiate nella sua lunga carriera. Quando nel 1975 andò in pensione (dopo 3.678.000 esemplari prodotti) l'ultima versione R, i cilindri erano ancora e sempre due. Erano aumentati, ma non di molto, la cilindrata (594 cc), la potenza (18 Cv), i consumi (5,5 litri/100 km) e la velocità massima, arrivata al fatidico limite dei 100 orari.
Niente a che vedere con la Fiat 500 che nasce nella fabbrica polacca di Tichy. I tre motori annunciati, tutti a quattro cilindri, hanno cilindrate comprese tra 1.2 e 1.4 litri e potenze da 69 a 100 Cv. Il propulsore destinato a raccogliere i maggiori consensi è quello che l'antenata non poteva neppure sognarsi: il diesel. O meglio il turbodiesel 1.3 da 75 Cv che esibisce uno fiore all'occhiello della ricerca Fiat: la tecnologia Multijet, la più recente evoluzione del common rail che consente di conciliare prestazioni brillanti con consumi contenuti.
Il risultato è un'auto che arriva a 165 km orari massima consumando mediamente (nel ciclo combinato Ue, come si dice oggi) solo 4,2 litri per 100 km. E risparmia anche sulla tassa di possesso,al contrario dell'antenata i cui proprietari nel 1958 dovevano sborsare 7.616 lire all'anno per il bollo di circolazione: grazie a emissioni di CO2 limitate a 111 g/km (ampiamente in regola con le norme Euro 5 in vigore dal 2009), la 500 1.3 Mjt gode di tre anni di esenzione dalla tassa. E il cammino non si ferma: Fiat Powertrain pensa a una sorta di ritorno alle origini: ai due cilindri, ma questa volta di un 900 tubodiesel con potenza compresa tra 90 e 110 Cv, capace di prestazioni più brillanti con consumi ed emissioni inferiori.
Ma non c'è solo l'apparato propulsivo a rendere siderali le distanze tra le due 500. Complice l'aumento delle dimensioni, ma anche i progressi nei settori dei materiali, dell'ergonomia e della razionalizzazione degli spazi, la 500 ospita comodamente quattro persone, mentre l'abitabilità dell'antenata era stata sacrificata per non rischiare di "cannibalizzare" la coetanea, e leggermente più grande, 600. Inoltre il bagagliaio adesso c'è davvero: non grande (185 litri), è ben diverso dall'angusta "vaschetta" anteriore di 50 anni fa. Quanto a sicurezza attiva e passiva, azzardare un paragone non è nemmeno pensabile: la neonata ambisce a essere la prima city car a conquistare le 5 stelle EuroNcap nella protezione degli occupanti e si vanta di potersi fermare a 100 km all'ora in soli 38 metri.
Insomma, una vettura all'avanguardia della tecnologia. Ma anche un voluto omaggio all'omonima antenata. Che si ritrova in alcuni dettagli inconfondibili del frontale; nel cruscotto che —pur in materiali moderni e di qualità — riporta alla mente la lamiera in tinta carrozzeria del vecchio, caro "cinquino"; l'inconfondibile, unico strumento circolare che oggi però segnala più funzioni, e non solo la velocità massima. Il sapiente dosaggio di modernità e di citazioni retrò va a merito di tecnici e designer del Lingotto, impegnati in un compito inconsueto. Perché è stato lo stile a guidare lo sviluppo della vettura, e non (come accade abitualmente) l'ingegneristica. Che è riuscita — non era facile — a non farsi condizionare da due architetture molto diverse: il motore da posteriore è diventato anteriore; i 2+2 posti sono diventati quattro, e comodi; l'utilitaria "cheap" si è trasformata in una piccola (e ambiziosa) vettura premium.