Ivan Basso rompe gli indugi e si presenta alla stampa per fornire la sua versione dei fatti che lo hanno portato all' ammissione delle proprie responsabilità davanti alla procura antidoping del Coni per il coinvolgimento in quella che in Spagna chiamano "Operacion Puerto" e che riguarda pratiche mediche scorrette somministrate dal dottor Eufemiano Fuentes. Ieri la deposizione spontanea davanti alla procura del Coni, dove Basso ha ammesso i contatti con il medico spagnolo, oggi le dichiarazioni pubbliche, nelle quali il ciclista varesino ha ammesso il «tentativo» di ricorso alle pratiche mediche considerate scorrette dalla giustizia sportiva, pur affermando sempre di non avere nei fatti ricorso al doping e di avere gareggiato sempre, in 23 anni di carriera, in maniera pulita e limpida. Un «peccato di debolezza» sarebbe stato il contatto con il medico Fuentes, un errore da espiare ora con una giusta sanzione, per poi ripulirsi di dosso questa macchia e tornare a correre (e vincere) in maniera limpida e trasparente.
Un Ivan Basso teso, eppure controllato e deciso come sempre quello che si è presentato a Milano davanti a decine di giornalisti e fotografi. Deciso ad ammettere i suoi addebiti ma anche a voltare pagina al più presto, cercando di salvare una fetta più ampia possibile della propria rimanente carriera. Una strategia difensiva, quella del varesino, cominciata prima con la rescissione del contratto con il team della Discovery Channel («La mia presenza e la mia situazione non erano più compatibili con la mia squadra») e poi con la deposizione spontanea di fronte all'antidoping del Coni («Meglio tardi che mai», si è giustificato Basso).
È stato senza dubbio un anno difficile per l'atleta varesino, passato in brevissimo tempo dalla vittoria al Giro d'Italia all'inchiesta che lo ha portato ad essere escluso dal Tour de France 2006. A venti giorni della novantesima edizione della Corsa Rosa, nuove rivelazioni nell'indagine e le sempre forti pressioni mediatiche costringono il ciclista di Cassano Magnago ad un nuovo stop, a saltare tutti gli appuntamenti a tappe più importanti dell'anno in corso. «Sono stato sottoposto – ribadisce Basso – a moltissimi controlli e considerato un corridore modello dall'Unione ciclistica internazionale. Quello che ho commesso è stato un errore grave, ma voglio scontare la mia pena e tornare a fare il lavoro che amo. Chiedo solo rispetto e di essere giudicato per le mie prestazioni future».
Nell'inchiesta spagnola sono stati coinvolti molti atleti, ma Basso non ha voluto fare il nome di nessuno di loro, accettando di parlare solo di se stesso, né ha voluto approfondire il rapporto con Fuentes, consegnato, per ora, alle carte della giustizia.
Resta il dubbio sul perché il dominatore assoluto dal Giro 2006 avesse bisogno proprio in quel momento– se fino ad allora aveva vinto tutto con le sue sole forze – di ricorrere a pratiche illegali per migliorare le proprie prestazioni. «È stato un peccato di debolezza, non ho valutato le conseguenze del mio gesto», ha ribadito il varesino. Poi lo scandalo, e infine le ammissioni, dopo quasi un anno di calvario. «Ho ragionato con la mia testa, non ho guardato Jan Ullrich. Ho pensato a Marco Pantani, anche se la mia vicenda è molto diversa dalla sua. Ho preso la mia decisione da solo, nella speranza che i miei tifosi mi capiscano, abbiano ancora fiducia in me e possano incitarmi ancora quando tornerò».