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1972: il successo della Germania di Müller

di Flavio Suardi

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L'edizione 1972 fu assegnata al Belgio e differentemente rispetto alle rassegne precedenti, non presentò alcuna modifica regolamentare. Venne mantenuta la formula dei gironi all'italiana, con la fase finale da disputare presso il Paese organizzatore. Le trentadue partecipanti vennero divise in otto gruppi da quattro squadre l'uno.

Grande equilibrio soprattutto nel primo, con la Romania che elimina la Cecoslovacchia solo per differenza reti, e nel settimo, dove l'attesa per l'Olanda va in parte delusa. Nonostante il valore assoluto di Cruijff, gli arancioni si arrendono alla Jugoslavia; l'olandese è tra i capocannonieri del girone, ma quella nazionale è ancora troppo lontana da quella che due anni dopo avrebbe guadagnato la finale dei Mondiale.

Italia sul velluto - Gli azzurri si presentano a questo europeo forti del titolo conquistato quattro anni prima: la delusione del mondiale messicano è ancora ben presente negli occhi di Valcareggi e dei suoi giocatori. Il secondo posto, salutato al rientro della squadra con un fitto lancio di pomodori, sconsiglia al ct di fare esperimenti. Tutti ricordano ancora i sei minuti finali di Rivera contro il Brasile, interpretati dai più come un'inutile umiliazione per il golden boy milanista. Valcareggi, però, decide di puntare su un gruppo collaudato, che in ogni caso aveva portato l'Italia in finale ai Mondiali. I fatti gli danno ragione, almeno in partenza: gli azzurri vincono il loro girone di qualificazione, che li vedeva opposti ad Austria, Svezia e Irlanda. Per l'Italia quattro vittorie, due pareggi e nessuna sconfitta. Con l'Austria, però, ecco il terribile infortunio a Gigi Riva, cui il terzino Hof spezzò il perone destro. "Rombo di tuono" rientrò a tempo di record, giusto in tempo per realizzare due reti alla Svezia.
Dopo la nefasta esperienza messicana, non vi fu più traccia della staffetta tra Mazzola e Rivera. Il primo giocava in attacco o largo sull'ala, mentre il milanista agiva nel suo ruolo naturale.

Fuori con il Belgio - Nei quarti di finale gli azzurri pescarono il Belgio, Paese organizzatore: la gara di andata, giocata a San Siro il 29 aprile 1972 si concluse a reti inviolate, nonostante Valcareggi schierò per otto undicesimi la stessa squadra che quattro anni prima si era aggiudicata il trofeo continentale: uniche novità Albertosi, Bedin e Cera, rispettivamente al posto di Zoff (infortunato), Guarneri e Salvadore.
Il 13 maggio 1972 a Bruxelles gli azzurri furono subito puniti da due reti dei padroni di casa, prima di un inutile rigore trasformato da Gigi Riva per un fallo subito da Fabio Capello. I campioni d'Europa in carica dovevano così abbandonare la competizione. Questa la formazione di Bruxelles: Albertosi, Burgnic, Facchetti; Bertini, Spinosi, Cera; Mazzola, Benetti, Boninsegna, De Sisti e Riva.
Dopo aver eliminato l'Italia ai quarti, i padroni di casa affrontano la Germania di Muller e Beckenbauer, che aveva a sua volta escluso dalla competizione l'Inghilterra. Prima di quella che era soltanto la sua seconda presenza in Nazionale, Gerd Muller aveva già all'attivo quattro reti, realizzate in una gara di qualificazione. Beckenbauer invece giocava in difesa e si apprestava a diventare il primo dei grandi "liberi" con facoltà di sganciarsi in attacco. Fu proprio una doppietta di Müller a spalancare ai tedeschi le porte della finalissima, contro un'Urss poco più che comprimaria, che aveva battuto in semifinale l'altrettanto modesta Ungheria.

Poco più di una formalità – Come ci si poteva ampiamente attendere, visto l'andamento delle altre partite, la finale fu un monologo tedesco. Gerd Müller mise a segno una doppietta, con il gol di Wimmer a corollario di una prestazione convincente. In quel 18 giugno 1972 durante la finalissima di Bruxelles, ci fu la definitiva consacrazione di Müller a grande attaccante di livello europeo, mentre per l'Urss si trattava della seconda sconfitta su tre finali dei campionati Europei, disputate in quattro edizioni.

Il personaggio: Gerd Müller (Nördlingen, 3 novembre 1945)
Iniziò la carriera nelle giovanili della squadra della sua città, il TSV 1961 Nördlingen. A diciannove anni fu notato dal Bayern Monaco che lo mise subito sotto contratto. Il club, che già aveva in organico Sepp Maier e Franz Beckenbauer, cercava di fare il salto dalla seconda lega tedesca alla Bundesliga. Vi riuscì nel 1965 e Gerd Müller fu una delle chiavi dei successi futuri della squadra di Monaco di Baviera: nelle quindici stagioni al Bayern Monaco segnò 365 gol in 427 presenze in campionato; fu quattro volte campione di Germania (1969, 1972, 1973 e 1974), tre volte campione d'Europa (1974, 1975 e 1976), vinse la Coppa Intercontinentale nel 1976 e la Coppa delle Coppe nel 1967, oltre al Pallone d'oro del 1970. Le sue 365 reti in Bundesliga costituiscono tuttora un primato ineguagliato. Müller sopperì con un notevole senso del gol ai suoi mezzi tecnici non esattamente raffinati: moltissime delle sue marcature vengono realizzate sfruttando la minima incertezza difensiva avversaria.
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