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Musica online: vendite in rialzo, ma i sistemi anticopia creano problemi. Anche a Bill Gates

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15 dicembre 2006
Microsoft Zune, un (quasi) nuovo modello di business per la musica digitale

L’aumento esponenziale dei download di brani musicali in Rete è destinato a continuare e porterà, anche se non prima del 2010, a interrompere il declino di vendite globali di musica in Europa. Questo diceva, ancora qualche settimana addietro, la società di ricerca Screen Digest pubblicando uno studio («Online Music in Europe: Market Assessment and Forecast») i cui dati parlavano chiaro: nel giro di quattro anni gli acquisti di musica on line cresceranno di oltre 1,1 miliardi di euro, partendo dai 121 milioni di euro registrati nel 2005. I siti Web come iTunes e i servizi musicali abilitati su alcuni cellulari, in altri termini, avrebbero secondo gli analisti il compito di salvare l’industria musicale europea dal collasso e interrompere un declino di entrate di fatto irreversibile. Secondo Screen Digest, infatti, il mercato globale della musica europea ha perso il 22% del proprio valore rispetto al 2001 a causa della combinazione di diversi fattori, fra cui la pirateria e la distribuzione di Dvd, libri e cellulari agli stessi costi di un classico Cd.
Il boom prolungato di vendite di musica digitale è stato confermato dai dati resi noti oggi da Nielsen SoundScan, secondo cui il volume d’affari è salito fino a oggi a 525 milioni di dollari contro i 315 milioni dell’anno passato e le previsioni per il quarto trimestre sono all’insegna del grande ottimismo; va anche detto che rispetto alle 144 milioni di transazioni dei primi tre mesi del 2006 queste sono scese a 137 milioni nel secondo e terzo trimestre, una flessione spiegata dagli analisti di Nielsen come una normale stagionalità della domanda.

iTunes in frenata “parziale”
La tesi che vede la musica scaricata dal Web essere un punto fermo delle abitudini on line dei consumatori e una risorsa vitale per le major discografiche è assolutamente condivisibile ma nei giorni scorsi è arrivata la notizia che avrebbe messo a nudo i “problemi” del negozio digitale più gettonato al mondo, l’iTunes di Apple, che copre circa l’80% di tutte le vendite negli Stati Uniti. Secondo Forrester Research, infatti, che ha condotto un’analisi sulla base dei movimenti delle carte di credito registrati sul sito nei 27 mesi di attività del servizio, rispetto a gennaio 2006 i ricavi mensili sono inferiori del 65% e il valore della singola transazione di acquisto sceso del 17%.
Josh Bernoff, autore del rapporto Forrester, è tornato sui dati in oggetto e pur confermando il fatto che le vendite di musica digitale negli Usa siano effettivamente in leggera flessione ha dichiarato testualmente dal proprio blog come “il business di iTunes non è in flessione. I dati sulle transazioni con carte di credito mostrano un reale calo tra il picco post-vacanze di gennaio e il resto dell’anno, ma con il numero di transazioni che abbiamo contato semplicemente non è possibile affermare che le vendite sul sito di Apple stiano crollando”.

Che musica digitale domani?
La domanda a questo punto viene però spontanea: è solo il negozio di Apple ad avere problemi o è l’intero movimento della musica scaricata online ad aver bruscamente rallentato? La risposta fornita da molti analisti è esplicita: le entrate di quasi tutti i servizi oggi attivi sul mercato (Yahoo! Music, eMusic, Rhapsody e via dicendo) si sono appiattite e in alcuni casi scese in modo sostanziale. E c’è un altro dato che rivela una tendenza a sorpresa: se le vendite di lettori musicali sono in forte sviluppo (e l’iPod può a ragione vantare una diffusione pressoché quadruplicata) il numero di brani acquistati per singolo dispositivo è in forte contrazione. Come giustificare allora questa imprevista (o forse meglio sconosciuta) inversione di tendenza, considerando che le vendite dei Cd non possono certo esserne la causa? Forrester e la stessa Nielsen chiamano in causa le restrizioni tecnologiche legate ai sistemi Drm (Digital Right Management) che caratterizzano i principali “music store”: ottenere musica pirata non è poi così difficile e i Drm appaiono al consumatore più come un problema che come un beneficio in termini di sicurezza. Il tema è assai caldo (la rivista Wired ha dedicato varie pagine all’arogmento sul proprio blog all’indirizzo http://blog.wired.com/cultofmac/2006/12/commentary_tech.html) e il partito di chi vede l’era della musica digitale Drm prossima alla fine ritorna a farsi sentire. L’accordo stretto da Universal con Microsoft per il negozio virtuale legato a Zune, per esempio, è un segno di cambiamento non da poco: le major potrebbero garantirsi i ricavi con le royalty per ogni player Mp3 venduto e soprassedere sul fatto che l’utente compri o meno molte canzoni on line. E fra i critici più pungenti dell’attuale utilizzo del Drm per i file musicali scaricabili dalla Rete c’è anche Bill Gates; l’architetto di Microsoft ne ha rimarcato i limiti anche nei giorni scorsi auspicando un modello più flessibile a tutto vantaggio dei consumatori che acquistano in Rete. Parole di chi, di fatto, è in una posizione per condizionare il futuro dell’intera industria musicale digitale.

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