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Microsoft punta il mirino su "Oslo", la Soa made in Redmond

di Gianni Rusconi

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12 NOVEMBRE 2007
La Soa come la vedono (e vogliono) i Cio europei
G.Rus.

Da "Chicago", nome in codice di Windows 95, a "Oslo", nomignolo che accompagna il "debutto" ufficiale della Microsoft nelle Soa, le Service Oriented Architecture. Impossibile sapere oggi se il nuovo progetto ricalcherà il successo commerciale del prodotto lanciato oltre 10 anni fa ma sulla carta "Oslo" ha tutti i requisiti per essere una svolta importante nell'economia delle strategie per il mercato enterprise della casa di Redmond. Parliamo di progetto e non di prodotto perché "Oslo" non è un software "tout court", e tanto meno un sistema operativo; si tratta, invece, di un sistema evoluto e integrato di tecnologie dedicate alle architetture informatiche orientate ai servizi e alle applicazioni composite che vi girano sopra. L'approccio della società di Redmond è di fatto quello già cavalcato da tempo dalle varie Ibm, Oracle, Sap; elemento centrale della Soa targata Microsoft è infatti BizTalk Server, ovvero sia la piattaforma "middleware" del colosso americano, il perno architetturale (di cui è prossima la release 6) che muove e gestisce le transazioni dei dati via Web.
"Oslo", questo hanno detto in sostanza i responsabili alla sesta edizione della Soa and Business Process Conference andata in scena giovedì scorso nel campus di Redmond, avrà un impatto diretto anche su tutte le nuove versioni presenti e future dei BizTalk Services, dell'ambiente di sviluppo Visual Studio (release 10), del framework .Net (release 4) e di System Center. In poche parole la nuova proposta Soa rivoluzionerà tutta la prossima generazione di software infrastrutturale che la Microsoft indirizza alle grandi e grandissime aziende. "Oslo", in modo concreto, fungerà da collante architetturale e si materializza sottoforma di linguaggio di modellazione universale valido per tutti gli ambienti applicativi a livello server e compatibile con altri linguaggi di programmazioni di business software e di insieme di strumenti avanzati utili a garantire i collegamenti tra i diversi modelli applicativi. Il tutto secondo una logica che molto si avvicina a quella appena accennata dalla Sap nell'anticipare la natura della nuova versione del middileware NetWeaver: e cioè quella di portare la modellazione degli oggetti software dentro lo sviluppo applicativo, così da rendere i modelli stessi non più funzionali alla descrizione dell'applicazione ma l'essere questi l'applicazione (per questo viene definita composita e centrica) vera e propria.
Descritta a grandi linee la natura di "Oslo", è quanto mai interessante capire ora come Microsoft intenda cavalcare questo suo progetto per non essere da meno a chi – vedi Ibm, Tibco e Oracle per fare dei nomi è ha già compiuto passi in avanti sostanziali per proporre un'offerta di enterprise Soa realmente a portata di impresa. Alcuni analisti d'oltreoceano hanno in tal senso rimarcato come l'intenzione del colosso di Redmond sia di fatto quello di semplificare la costruzione, l'implementazione e la gestione di applicazioni composite all'interno di una (grande) organizzazione). La filosofia "dell'estendere la Soa oltre le mura di cinta dei firewall" è sicuramente centrale alla strategia di Microsoft ma sono molti coloro che tirano le orecchie al gigante americano sul fronte dell'interoperabilità; dentro "Oslo", infatti, non c'è traccia del linguaggio standard Uml (Unified Modeling Language) perché ve n'è uno sviluppato internamente, al pari di tool di sviluppo e di un repository. Il punto è quindi il seguente: ciò che vedremo a partire dal 2009 sotto il cappello di "Oslo" saranno soluzioni applicative all'avanguardia ma limitate all'ecosistema Microsoft o risponderanno in modo adeguato ai dettami del software "open standard"? Quel che sembra certo è che in funzione di "Oslo" a Redmond hanno messo in piedi una roadmap di rilasci alquanto corposa e messo a budget adeguati investimenti in ricerca e sviluppo per almeno i prossimi tre anni.

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