ILSOLE24ORE.COM > Notizie Tecnologia e Business ARCHIVIO

Davvero il grande acceleratore del Cern mette a rischio l'Universo?

di Giuseppe Caravita

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
10 APRILE 2008

Ogni millisecondo, da alcuni miliardi di anni, la nostra Luna viene bombardata da una cascata di raggi cosmici (principalmente composti da protoni). Ciascuno di essi è una minuscola puntura sulla materia della Luna, ma una puntura fatta di particelle cariche di energia, che viaggiano alla velocità della luce, che entrano nella grande struttura atomica del pianeta (non protetto da alcuna atmosfera). Sovente queste particelle vanno a scontrarsi con i nuclei, spezzandoli, o facendone persino conflagrare i protoni.


Ebbene, la nostra Luna, da miliardi di anni sottoposta a queste continue punture protoniche, non è mai sparita, nè è stata inghiottita da alcun buco nero, quel fenomeno iper-gravitazionale che si genera (in prevalenza) quando una stella morente (una supernova) collassa su se stessa, e la densità di materia diviene tanto grande da attrarre in sè tutto ciò che la circonda, fotoni e luce compresa, generando appunto il buco nero.


Due piccolissimi protoni che si scontrano, anche a energie e accelerazioni limite, possono generare un minuscolo buco nero? Forse sì. Ma quanto tempo "sopravvivrebbe" questo buco nero? E, soprattutto, sarebbe capace di inghiottire con forza esponenziale, come i suoi fratelli più grandi, tutta la materia e l'energia circostante?


Queste le domande che Walter Wagner e Luis Sancho (il primo fondatore di un orto botanico alle Hawaii, il secondo studioso di teoria del tempo in Spagna, hanno avanzato a un locale tribunale per richiedere il blocco di ogni collaborazione Usa all'Lhc, il grande acceleratore del Cern, che dovrebbe cominciare a far girare i suoi fasci protonici a ottobre per generare collisioni e studiarne quindi i frammenti risultanti.

Le collisioni tra protoni metteranno in moto la sindrome dei mini buchi neri? La Terra e l'Universo verranno risucchiati proprio a partire dal Cern? A giudicare da quanto accade attimo per attimo sulla Luna, no.


Timori di questo genere non sono nuovi. Negli anni 70 un fisico russo, Yakov Zel'dovich, avanzò l'ipotesi (poi da lui stesso ritirata) che l'allora ultimo nato del Cern, l'Spc (Super Proton Synctrotron), avrebbe generato una catastrofe analoga. E nel 1995 Paul Dixon, uno psicologo dell'università delle Hawaii (evidentemente patria dei catastrofisti) organizzò persino dei picchetti davanti al Fermilab, con cartelli che definivano il Tevatron come la "casa della prossima supernova". E il 18 luglio del 1999, il Sunday Times di Londra pubblicò un articolo terrorizzante. Il nuovo Rhic (Relativistic heavy ion collider) del Brookhaven National laboratory, che sarebbe entrato in funzione nei mesi successivi, fu definito come la "macchina del Big Bang che avrebbe potuto distruggere la terra". La colpa, anche qui i famigerati mini-buchi neri e una forma inedita (e teorica) di materia, gli "strangelets", capaci di divorarsi tutto.


Le accuse, manco a farlo apposta, venivano proprio da Walter Wagner. Il quale, pochi mesi prima, aveva scritto una lettera a Scientific American chiedendo se i fisici fossero certi che l'Rhic non avrebbe creato un buco nero ad attrazione esponenziale. E a sua conferma citava l'allora recente ipotesi di Stephen Hawking (il Nobel considerato la massima autorità mondiale in tema di buchi neri) secondo cui nelle prime fasi del Big Bang (riprodotte in piccolo nell'Rhic) si sarebbero appunto creati questi minuscoli centri di anomalia gravitazionale.
Peccato però che lo stesso Hawking trasse dalla sua ipotesi un'altra: che simili buchetti avrebbero avuto una durata di vita infinitesima, salvo a ributtar fuori, annichilendosi, la materia, e generare quindi una radiazione, detta "radiazione di Hawking".


Nel 1999, comunque, le domande di Wagner e l'articolo del Sunday Times furono prese molto sul serio dal direttore di Brookhaven, John Marburger (poi consigliere presidenziale per la scienza) che nominò una commissione di quattro autorevoli fisici per valutare la probabilità di eventuali scenari di disastro all'Rhic. E altrettanto cominciò a fare Luciano Maiani, allora direttore del Cern.


Il rapporto del comitato è ora reperibile sul sito di Brookhaven .
E' una buona lettura non facile, per chi studia fisica. In sostanza, sulla questione mini-buchi neri, sosteneva il semplice argomento naturale. In miliardi di anni i test dei raggi cosmici non hanno mai generato un evento del genere, nè l'Rhic va oltre quello che già avviene nel cosmo.


Non c'era ragione, per gli esperti, per bloccare o ritardare l'Rhic. E infatti, nel 2000, i siti dei fisici cominciarono a decorarsi delle illustrazioni (a forma di stella) delle collisioni degli ioni di piombo scontratisi nell'acceleratore. Non furono rilevati segni di auto-distruzione planetaria.

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio
L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER   
Effettua il login o avvia la registrazione.


 
   
 
 
 

-UltimiSezione-

-
-
7 MAGGIO 2010
7 MAGGIO 2010
7 MAGGIO 2010
7 maggio 2010
 
L'Italia vista dal satellite
La domenica di sport
Sony Ericsson Xperia X10
Nokia N8
Si chiude l'era del floppy disk
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-