«Fin dalla mia prima giovinezza sono stato preso in modo irrefrenabile dal gioco», confessava Gerolamo Cardano (1501-1576) nella sua autobiografia De propria vita (1575). È vero che col gioco aveva avuto l'opportunità di conoscere Francesco Sforza, duca di Milano, e molti altri nobili. «Ma nei molti anni, quasi quaranta, che ho dedicato al gioco - continuava Cardano - non è facile dire quanto abbia perduto delle mie sostanze senza trarne alcun profitto. Tuttavia il gioco dei dadi mi ha procurato danni ancora maggiori, visto che l'ho insegnato ai miei figli e la mia casa era piena di giocatori». Oltre che accanito giocatore dalla vita avventurosa, Cardano era un grande medico e matematico, e al gioco dei dadi dedicò un'opera, il De ludo alea che ne fa uno dei pionieri del calcolo delle probabilità. Le prime idee del calcolo delle probabilità nascono infatti legate al gioco dei dadi. Il cavalier de Meré, un nobiluomo del Seicento, anch'egli, come Cardano accanito giocatore d'azzardo, sulla base della propria esperienza riteneva che non fosse conveniente scommettere alla pari sull'apparire del 6 almeno una volta in tre lanci di un dado, ma che invece fosse conveniente con quattro lanci. Il cavaliere aveva ragione o si sbagliava? E perché?
Problema 2
Giocando con due dadi, e sommando i numeri usciti, il cavaliere sosteneva con un suo amico che conveniva puntare sul fatto che la somma fosse 7, mentre il suo amico sosteneva che fosse più conveniente puntare sull'8. Chi aveva ragione, e perché?