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Un nuovo protagonismo che sembra disegnare piuttosto l'uscita dal tradizionale quadro di mediazione degli industriali bolognesi e che descrive un «compromesso socialdemocratico», tenuto insieme per anni dal mitico partitone rosso, dall'imprenditoria diffusa e dalla cooperazione, sul viale del tramonto. «Siamo davanti a una lenta erosione che segna il travaso da una società locale centrata su una politica condivisa capace di stabilizzare lo sviluppo urbano e industriale a una società più volatile e sfrangiata», spiega il sociologo Fausto Anderlini, direttore del Centro demoscopico metropolitano della provincia di Bologna.
Pensieri ambiziosi, proposte fiscali nette, ben oltre la classica agenda economica di un'associazione di produttori alle prese, come tutti, con il calo della domanda estera, gli investimenti complessivi in frenata, e la cassa integrazione ai massimi, dopo che nel primo semestre 2008, quello pre tsunami, era già cresciuta del 37 per cento. Soffrono ma non mollano la meccanica, l'auto (Lamborghini, Minarelli e Cesab), le moto (Ducati) e la moda (sono in ristrutturazione La Perla e Bruno Magli). Mentre tiene il polo del packaging (Ima, Marchesini, Gd). La caduta della domanda, spiegano gli analisti, potrebbe arrivare ritardata a fine anno. Anche se questa volta Unindustria prova a guardare oltre. In attesa di un federalismo fiscale che sia realmente efficace.