Nei meandri dei fogli informativi delle banche Euribor, le differenze che contano. Durata del tasso, base 360 o 365 e data rilevazione incidono sui costi fino a 1.648 euro
Si fa presto a dire Euribor. Del parametro che le banche utilizzano per calcolare le rate dei mutui variabili esistono differenti versioni: spesso il risparmiatore non le considera o le ignora del tutto, ma all'atto pratico possono impattare in modo più o meno significativo sull'ammontare del prestito da rimborsare.
Durate differenti.
La prima differenza in cui un risparmiatore si imbatte è la durata del tasso Euribor. Di norma un mutuo che prevede rate mensili (o che ricalcola il tasso ogni mese) è parametrato all'Euribor a un mese, mentre si utilizza il tasso a tre o a sei mesi se i pagamenti hanno cadenza trimestrale o semestrale. Non sempre però avviene così e le banche mantengono una certa discrezionalità nella decisione sul parametro. In via teorica, sostengono quasi in coro gli analisti, le differenze finiscono per equivalersi nell'arco pluriennale del piano di ammortamento. Ci saranno cioè periodi (come questo) in cui i tassi sono in crescita e le scadenze a tre e sei mesi sono più alte dell'Euribor a un mese e viceversa.
L'esperienza dimostra invece che le cose non funzionano proprio così: le curve dei tassi hanno in genere un'inclinazione positiva, dato che per prendere a prestito per un periodo più lungo si richiede di norma un interesse più elevato. In media, quindi, l'Euribor a 6 mesi sarà il più caro di tutti, quello a un mese il più conveniente e i dati disponibili dall'introduzione dell'euro (1 gennaio 1999) lo confermano. Pur in presenza di cicli economici di segno diverso, infatti, l'Euribor a un mese è risultato in media pari al 3,13%, quello a 3 mesi al 3,19% e quello a 6 mesi al 3,25%.
Si tratta di differenze di pochi centesimi, certo, ma che sommate rata dopo rata diventano tutt'altro che irrilevanti. Prendendo come metro di paragone un mutuo da 100mila euro di durata ventennale, per esempio, si scopre che il risparmiatore con rata agganciata all'Euribor 3 mesi paga in più rispetto a chi ha l'Euribor a un mese 3,5 euro ogni mese e ben 823 euro alla fine del periodo di ammortamento. La «bolletta» è più cara addirittura di quasi 7 euro al mese (e di 1.648 euro complessivamente) per coloro che hanno un mutuo legato all'Euribor 6 mesi. Se poi ci si limita a considerare gli ultimi due anni (un periodo in cui i tassi si sono mossi soltanto al rialzo) le differenze sono decisamente più rilevanti (0,16% per l'Euribor 3 mesi e 0,28% per l'Euribor 6 mesi) e il totale da restituire può aumentare fino a 4mila euro.
360 o 365 giorni?
Altro particolare che spesso sfugge quando ci si presenta in banca è il divisore utilizzato per l'applicazione del tasso di interesse. Si parla infatti di base 360 o 365 a seconda che sia preso in considerazione il numero dei giorni dell'anno commerciale o di quello solare. La maggior parte dei prodotti presenti sul mercato italiano utilizza l'Euribor base 365, che è mediamente più elevato dello 0,05% rispetto all'Euribor 360 e per questo può costare in più al cliente quasi tre euro al mese e 686 euro nell'arco dell'intero mutuo.
Periodo di rilevazione.
Gli elementi ai quali prestare attenzione quando si leggono i fogli informativi distribuiti allo sportello non sono però finiti qui. Ogni banca, infatti, rileva l'Euribor al quale legare la rata in modo differente: chi sceglie un valore di un determinato giorno (il primo, il 15 o l'ultimo del mese) e chi invece si affida a una media dei tassi registrati in un lasso di tempo (in genere il mese che precede la scadenza). In questo caso, per la verità, le differenze sono poco significative (lo 0,01% se si considerano i dati dal 1999), anche se optare per un mutuo che si basa su una media di rilevazioni anziché su un solo valore di Euribor può in determinati momenti evitare spiacevoli docce fredde al risparmiatore. Ne sanno qualcosa coloro che hanno un prestito legato all'Euribor a un mese, rilevato l'ultimo giorno del mese: complice l'improvvisa impennata dovuta a fattori tecnici della scorsa settimana, il tasso è balzato d'un sol colpo dal 4,15% di fine ottobre al 4,82% di fine novembre. Con la media mensile, l'impatto sarebbe stato in parte attutito, in parte rimandato al mese successivo.
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