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All'Eni piace giocare su un apparente paradosso: ben venga una nuova carbon tax a carico delle società energetiche, correlata alle emissioni di CO2. La proposta è arrivata dall'ad, Paolo Scaroni, al Forum sul cambiamento climatico di New York. Un aggravio, per giunta richiesto dagli stessi "inquinatori"? A ben guardare, la proposta di Scaroni ha un altro, ben più raffinato, scopo: correggere le storture degli attuali oneri ambientali. Scaroni propone «una piccola carbon tax» che «attribuendo un costo stabile alla CO2 influisce immediatamente sulle decisioni di investimento». Una tassa che «dovrebbe essere accompagnata da misure per bilanciarne l'effetto sulla distribuzione del reddito. Nel tempo, inoltre, potrebbe essere integrata con sistemi di cap and trade». Con una accise mobile sui prodotti energetici derivati da combustibili fossili e destinati al consumatore finale, da applicare «qualora i prezzi dei prodotti scendano sotto il livello che incentiva gli investimenti in R&S e l'efficienza energetica».
Intanto, il cane a sei zampe è in movimento. C'è l'impegno crescente nei biocarburanti. E la cattura e il sequestro geologico della CO2, dove sta consolidando un'alleanza con Enel abbozzata un anno fa. Un progetto pilota sta prendendo il via: Enel si occuperà della separazione del l'anidride carbonica dai fumi della centrale di Brindisi, Eni sperimenterà l'iniezione e il monitoraggio nel sottosuolo del vecchio stabilimento di Cortemaggiore, nel piacentino. Nel solare fotovoltaico, ma anche in quello termodinamico, si amplia l'alleanza con il Mit di Boston, da 25 milioni di dollari in cinque anni. Obiettivo: sostituire il costoso silicio delle celle attuali con materiali organici e polimerici che promettono costi minori.