Allarme sugli investimenti nelle centrali a fonti rinnovabili, soprattutto nel segmento dell'energia fotovoltaica. Mentre si parla di un "rischio bolla" per il peso che la corsa agli incentivi all'ecoenergia avrà sulla bolletta elettrica di tutti i consumatori, gli investitori frenano dopo le tre sentenze della Corte costituzionale sulle norme regionali che rendevano più semplice l'iter di autorizzazione delle centrali solari. L'Anie (la federazione confindustriale dell'industria elettrica ed elettronica) è in allarme: queste incertezze hanno spinto molte banche a congelare i finanziamenti.
Le dimensioni del mercato sono importanti. Secondo la ricerca «Energia rinnovabile» che il centro studi milanese Althesys presenta nell'ambito del progetto Irex, e che Il Sole 24 Ore può anticipare, negli ultimi due anni le società dell'energia "verde" hanno condotto 389 operazioni industriali e investimenti. «Questi investimenti, indotti dagli incentivi più appetitosi al mondo (dopo che Spagna e Germania li hanno ridotti), hanno posto l'Italia in testa per attrattività e come tasso di crescita nel segmento dell'energia pulita – osserva Alessandro Marangoni, docente alla Bocconi e coordinatore del gruppo di ricerca dell'Althesys – con impegni per 6,5 miliardi di euro che hanno portato 4.127 megawatt di nuovi impianti».
I segnali fanno presagire un blocco degli investimenti. Un indicatore viene dalle sentenze 119, 120 e 124 della Corte costituzionale (si veda Il Sole 24 Ore del 27 marzo) nelle quali sono state dichiarate incostituzionali le leggi regionali con cui Puglia e Calabria facilitavano le autorizzazioni. «In Puglia le banche hanno già da qualche settimana sospeso le pratiche di finanziamento per quei progetti per i quali era prevista solamente la denuncia di inizio attività (Dia)», afferma l'Anie. «Rischia di essere danneggiato l'intero sviluppo del mercato, mettendo in serio pericolo i 17mila posti di lavoro creati finora».
Secondo Andrea Gemme, presidente dell'Associazione energia dell'Anie, «l'industria fotovoltaica ha già pianificato per il solo 2010 oltre 2,5 miliardi di euro di investimenti che porterebbero alla creazione di almeno 3mila nuovi posti di lavoro lungo tutta la filiera. Investimenti che a causa dei pronunciamenti della Consulta saranno rallentati, se non bloccati». Altri motivi di freno vengono dall'incertezza sui futuri incentivi (di sicuro più bassi) e dal fatto che non ci sono ancora le linee guida nazionali sugli impianti fotovoltaici attese dal 2003.
Conferma lo studio Althesys che «in sintesi, è necessaria una politica industriale di ampio respiro che deve riguardare i processi autorizzativi e la pianificazione territoriale, i sistemi di incentivazione, le infrastrutture di rete, le misure per favorire il consolidamento delle imprese; la promozione e il coordinamento della ricerca». Qualche giorno fa Paride De Masi – coordinatore energia rinnovabile in Confindustria – sottolineava che «sarebbe un vero peccato rinunciare agli oltre 250mila nuovi posti di lavoro e ai circa 100 miliardi di euro d'investimenti che, secondo uno studio Bocconi e Gse, si realizzerebbero entro il 2020».
Tuttavia la corsa agli impianti indotta dai sussidi – avvertiva Luciano Barra, del ministero dello Sviluppo economico – inonda le regioni di richieste di autorizzazione intasando gli iter autorizzativi. Oggi ci sono domande per allacciare alla rete elettrica 75mila megawatt di impianti eolici e 10mila megawatt fotovoltaici.
Secondo i calcoli dell'Enea, l'entità complessiva dell'incentivazione in futuro dovrebbe aggirarsi sui 3,5 miliardi l'anno, e per Arrigo Burello, vicepresidente dell'Assolterm e presidente del Cisert, i sussidi sono sbilanciati a favore del fotovoltaico quando si potrebbe aiutare un maggiore ricorso all'energia pulita ricavata dai pannelli solari termici (quelli che producono acqua calda e non elettricità), con un risparmio notevole sulle bollette degli italiani.
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