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Delle lezioni della storia, e dei pugni che non si aprono, occorre prendere atto. Guai a non farlo. Ma la vera domanda che pende su Obama è se, a questo punto, lui può solo battere in ritirata, farsi trascinare in Afghanistan nella spirale di una guerra che il disegno di conquistare i cuori e le menti dei civili un mese sì e un mese no finisce per bombardarlo e, con l'Iran, nella spirale di sanzioni che, una volta fallite, porterebbero verso l'abisso dell'opzione militare.
Temo fortemente che così finisca. Eppure dentro di me penso che la politica iniziale debba ancora essere esplorata. Sull'Afghanistan potrebbe aver ragione Hagel quando propone altri mezzi per combattere i talebani e conquistare i cuori e le menti. Mentre in un mondo di interdipendenze come quello in cui viviamo, mettere a fuoco gli interessi vitali che accomunano i grandi protagonisti della vita internazionale e, in nome di tali interessi, portarli tutti a rendersi garanti di un disegno di sicurezza del Medio Oriente, nel quale ogni stato della regione abbia un ruolo e una responsabilità, forse aprirebbe i pugni più tenaci. È molto ambizioso, ma è ciò che era stato promesso da chi disse «yes, we can».