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La Germania parlerà greco pur di uscire dalla crisi

di Martin Wolf

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10 Marzo 2010
La Germania parlerà greco pur di uscire dalla crisi

Da quando è stata fondata la Repubblica Federale, la Germania ha avuto due obiettivi strategici prevalenti: una moneta solida e l'integrazione europea. Erano i due imperativi gemelli dedotti dai disastri della prima metà del secolo scorso, e l'euro li incarna entrambi. Ora però questi obiettivi sono entrati in conflitto.
La risposta giusta è andare in soccorso dei peccatori, rafforzando la coesione della zona euro ma mettendo a rischio la stabilità monetaria, oppure lasciare i peccatori al loro destino, rafforzando la credibilità della moneta ma indebolendo la coesione? Prima della moneta unica, la Germania non si sarebbe trovata obbligata a fare scelte del genere, perché i paesi non competitivi si sarebbero limitati a svalutare.
Purtroppo nel dibattito in Germania si dà per scontato, sbagliando, che la risposta sia far diventare ogni stato membro come la Germania. Ma la Germania può essere la Germania – un'economia con disciplina di bilancio, una domanda interna debole e un'enorme eccedenza nell'export – solo perché gli altri non lo sono. Il suo modello economico attuale viola il principio di universalità del più grande filosofo tedesco, Immanuel Kant.
L'idea che altri paesi siano nei guai per loro inadempienze nel caso della Grecia è facile da sostenere. Secondo l'ultimo Economic Outlook dell'Ocse, il debito pubblico lordo del paese ellenico l'anno scorso si è attestato sul 115% del prodotto interno lordo, il disavanzo sul 12,7% del Pil e il deficit delle partite correnti sull'11,1 per cento.
Sarebbe il classico caso da intervento del Fondo monetario internazionale, che normalmente fornisce liquidità temporanea in cambio di una svalutazione della moneta e di un risanamento dei conti pubblici. Ma il governo tedesco rifiuta l'idea che un'istituzione esterna possa dettare le misure da applicare a un paese che ha la stessa moneta della Germania, e suggerisce in alternativa la creazione di un Fondo monetario europeo che fornisca aiuti condizionati. Sotto la direzione degli altri membri della zona euro, il Fme detterebbe al paese reo le politiche di bilancio.
Gli esponenti del governo tedesco vogliono che vengano imposte misure sanzionatorie. Fra le proposte, la sospensione dei sussidi dell'Unione europea, i fondi di coesione, a quei paesi che non rispettano la disciplina di bilancio, la sospensione del diritto di voto nelle riunioni ministeriali e la sospensione dall'euro. Un'idea meno controversa è quella di incrementare le penali già consentite dal patto di crescita e stabilità.
Per creare il Fme servirebbe un nuovo trattato, e anche per escludere un paese dalle istituzioni dell'euro (e non si potrebbe impedire a un paese di usare la moneta unica). Multare paesi con i conti in disordine in passato si è dimostrato impraticabile. Oggi quasi tutti i paesi dovrebbero essere multati. È un pio desiderio.
C'è un problema più grande: l'idea che la grande minaccia venga dall'indisciplina finanziaria dei governi è infondata. La Grecia è un caso particolare. I disastri dei conti pubblici non sono il frutto di un'indisciplina pubblica, ma di un'indisciplina privata. Questa indisciplina è stata un elemento intrinseco del funzionamento di Eurolandia, che le ha consentito di rimanere in equilibrio, a un livello ragionevole di domanda complessiva, nel periodo precedente alla crisi.
Lo si evince dai bilanci dei membri dell'euro nel 2006, prima della crisi, e nel 2009, all'apice della crisi.
L'equilibrio fra entrate e uscite nel privato, nel pubblico e nel settore estero dev'essere uguale a zero. Nel 2006, Germania, Olanda e Austria risultavano avere eccedenza enorme nel privato in rapporto al Pil; in Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna il settore privato presentava un disavanzo enorme. I conti pubblici sembravano sotto controllo dappertutto: Irlanda e Spagna potevano vantare consistenti (anche se ingannevoli) eccedenze di bilancio.
Contemporaneamente, le eccedenze del settore privato in Germania e Olanda erano compensate da enormi deflussi di capitale. Si osservavano squilibri nel settore privato e un'illusione di stabilità dei bilanci pubblici, con i paesi più o meno in linea con i criteri fissati dai trattati per quel che riguarda il disavanzo di bilancio.
Poi è arrivata la crisi: il settore privato, troppo gonfiato, ha subito una cura dimagrante. Nel 2009, in quasi tutti i paesi dell'euro il settore privato registrava una fortissima eccedenza: sono diventati tutti tedeschi!
Qual è la compensazione? Il deficit di bilancio. Per Irlanda e Spagna il quadro è drammatico. Sul breve periodo, è impossibile invertire l'equilibrio della bilancia dei pagamenti, specialmente con una domanda interna tanto debole nei paesi in eccedenza.
La Germania insiste che ogni paese dovrebbe ridurre l'eccesso di disavanzo il più in fretta possibile. Questo può succedere solo se migliora il saldo con l'estero o peggiora il saldo del settore privato.
Perché si verifichi la seconda ipotesi deve ripartire la spesa privata, presumibilmente finanziata dal credito. Perché si verifichi la prima ipotesi ci sono due possibilità: la prima che nel resto della zona euro peggiori la situazione del saldo con l'estero, cosa che comporterebbe in paesi come la Germania il passaggio a una minore eccedenza nel settore privato; la seconda è che la zona euro nel suo complesso passi in attivo nel saldo con l'estero (una politica che tende a scaricare sugli altri paesi il peso della crisi).
  CONTINUA ...»

10 Marzo 2010
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