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Downtown, dopo il parco profumato di avena sulla vecchia ferrovia, Ground Zero non è più il centro dolente del mondo. I turisti scattano una foto col cellulare, i venditori di souvenir si danno da fare per sfangare la giornata, un sito reclamizza la cessione delle travi storpiate dal fuoco per esibirle come monumenti, «purché non diventi un business».
Dalle finestre degli artisti, gli ultimi loft poveri sull'Hudson River, le nuove torri, da quella del New York Times di Renzo Piano, adottata dagli scalatori solitari per i suoi mille eleganti pioli, oscurano la familiare area dove un tempo sorgevano – e pareva per sempre – le gentili Torri Gemelle. Oggi si pregherà, si piangerà, si ricorderà, ma con l'occhio al Blackberry per vedere se arrivano mail con novità sulla crisi economica, la Borsa, il lavoro.
Ultimi a dimenticare saranno i familiari delle vittime. Uno dei caduti era Rick Rescorla, veterano della battaglia di Ia Drang in Vietnam, 1965, responsabile della sicurezza per la finanziaria Morgan-Stanley/Dean Witter, che evacuati 2.700 colleghi ritornò nella Torre ad aiutare gli altri sbandati, cantando per rincuorarli nel buio e nel fumo vecchie ballate della Cornovaglia. Poco prima aveva scritto a un amico, «credevamo di essere stati fortunati a scampare al fuoco di Ia Drang e invece ci tocca ora morire da vecchi in ospedale, abbiamo perduto il nostro kairos, la grazia e il destino».
Il destino da eroe che Rick credeva smarrito l'attendeva, paziente e irriducibile, l'undici di settembre del 2001. E oggi l'America, e con lei il mondo, ancora si interrogano se il destino prossimo sarà di pace e prosperità, di crisi, di guerra o di una confusa combinazione di tutti gli elementi, in una Storia che solo gli scolaretti timidi del primo giorno di asilo 2009 vedranno fino in fondo.
gianni.riotta@ilsole24ore.com