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RIVELAZIONI / Ma da che parte è caduto il Muro?

di Mario Margiocco

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11 Settembre 2009

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Se tutto questo lavorio diplomatico ora pienamente svelato viene confrontato con la realtà di una Germania Est sempre perplessa, quasi "nostalgica" e abulica, e di una Germania Ovest ancora dubbiosa sui frutti e le modalità di una riunificazione, storica sì, ma non facile, si capisce come il prossimo ventennale della caduta del Muro sarà un ampio momento di riflessione.
Come si può leggere nella corrispondenza da Londra pubblicata qui a fianco, per la Thatcher e Mitterrand scattarono subito riflessi condizionati di una stagione precedente. Entrambi con memorie personali precise della Seconda guerra mondiale, furono portati per prima cosa a superare di fronte alla grande novità tedesca la profonda antipatia reciproca. Mitterrand non sopportava, scrive Kohl, l'istinto della Thatcher di attribuire al continente tutti gli imprevisti fastidiosi che colpivano le isole, da un'epidemia di volpi e una nuova malattia dei conigli a qualsiasi fungo e parassita delle piante. Passarono a condividere profonde preoccupazioni future. Erano convinti che la riunificazione avrebbe risvegliato i peggiori istinti tedeschi.
La Thatcher e Mitterrand erano in quei giorni la perfetta incarnazione del principio di Lord Palmerston sull'impossibilità per le nazioni di avere amici e alleati permanenti, ma soltanto interessi permanenti. E una Germania non troppo forte, concludevano, era nell'interesse di entrambi. Mitterrand poi cambiò idea. E soprattutto era di un'idea assai più favorevole a Kohl il presidente americano George H. W. Bush, Bush il vecchio, e non la silurarono alla fine né Michail Gorbaciov né l'allora astro nascente Boris Yeltsin. Il Muro cadeva il 9 novembre. Il 28 novembre Kohl presentava unilateralmente i suoi dieci punti «Per superare la divisione della Germania e dell'Europa». Una settimana dopo la Thatcher a Bruxelles chiedeva inutilmente «dieci o quindici anni di democrazia prima che chiunque possa pensare di cambiare i confini». La riunificazione avveniva il 3 ottobre 1990.
La realtà, in quelle che erano le due Germanie, sembra oggi avere relegato fra i fantasmi del passato i timori della Thatcher, e anche di Mitterrand. L'Est, abulico, si sta svuotando. Natalità bassissima, giovani che emigrano a Ovest, profonda insoddisfazione, al punto di aver ricreato e da anni una "nostalgia" del passato comunista, che non accenna a scomparire. «Da che parte è caduto il Muro?» si chiede Der Spiegal. Se nel '99 molti all'Est si sentivano «cittadini di seconda classe», oggi il 49% concorda sul fatto che «la Germania dell'Est aveva più cose buone che cattive». Il dibattito è sempre attorno ai due principi, libertà ed uguaglianza, che ciascuna delle due Germanie ritiene di avere meglio incarnato.
All'Ovest, pesano le tasse che da 20 anni i tedeschi pagano per l'Est, e gli aiuti nell'ordine dei 70 miliardi all'anno per risultati che a volte si vedono, Berlino, Dresda, Lipsia, Erfurt, e spesso no. Le ex due Germanie? Convivono. In attesa che 1.500 miliardi d'investimenti, tanto finora è costato, diano frutti migliori.
Il Wall Street Journal ha riprodotto l'articolo. E il New York Times lo ha inserito in un blog della sua edizione online. Dopotutto alla riunificazione tedesca, che vide vari europei così ambivalenti, è legata una stagione felice della diplomazia americana. Ne valeva la pena vista l'infelicità dei tedeschi dell'Est e l'insofferenza di quelli dell'Ovest, una separazione creata in 40 anni di comunismo e che 20 di democrazia non hanno ancora sanato?
Se la storia non ha premiato la lungimiranza della Thatcher, ha fatto della riunificazione tedesca il capolavoro, oltre che di Kohl in primis, di Bush senior. Con alcuni protagonisti minori, ma non ininfluenti (si veda l'articolo in basso). «Non condivido la preoccupazione che alcuni paesi europei hanno per una Germania riunificata», dichiarava già il 24 ottobre 1989, d'istinto e contro il parere dei suoi più stretti collaboratori, il segretario di Stato Jim Baker e il consigliere Brent Scowcroft.
Addolcire i russi, calmare gli europei, disegnare un tracciato accettabile su cui i tedeschi di Bonn potessero far scorrere la propria strategia: fu questo il capolavoro del primo Bush, merito storico. Un'America alle prime armi non era riuscita a padroneggiare 70 anni prima le complicazioni della Conferenza di Versailles, contribuendo a una serie d'errori che favoriranno alla fine la Seconda guerra mondiale e le sue conseguenze. Ma non c'è dubbio che la vecchia classe dirigente americana forgiata dalla e dopo la Seconda guerra mondiale, e di cui Bush padre è uno degli ultimi esponenti, sapeva 20 anni fa svolgere il proprio ruolo. E chiudere, con più fiducia della Thatcher, un capitolo pesantissimo di storia europea.

11 Settembre 2009
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