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VALORI CONDIVISI / Guai a «colorare» le istituzioni

di Enrico De Mita

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13 Novembre 2009

Si riparla della superiorità delle istituzioni rispetto alle persone e di riforma della Costituzione. Il discorso non è facile, non solo per i contenuti, ma soprattutto per il metodo e le procedure da attivare.

C'è una continua evoluzione del sistema politico. Il bipolarismo che sembrava a portata di mano sembra per ora accantonato. Il cambiamento del paese e della sua cultura non possono rimanere senza conseguenze sulla vera fisionomia dei partiti politici. Si pensi alle profonde trasformazioni dell'economia a livello mondiale e alla sua crisi, alle immigrazioni, al mutamento del costume, all'intervento di nuovi strumenti di comunicazione.

I partiti nel loro insieme non sembrano in grado di proporre una guida del paese sicura e stabile, di proporre e attuare progetti che risolvano la crisi politica.

L'aspirazione alla democrazia non può essere canalizzata né soltanto da un solo partito né soltanto dai partiti nel loro insieme; la sollecitazione alla politica proviene da tante fonti (si pensi all'ambigua formula delle primarie). L'ampliamento delle sfere di libertà, l'uso e l'abuso di esse, il rapporto fra libertà, ceti e istituzioni sono capitoli di una storia complessa che non ha avuto finora la sua lettura - sembra che dobbiamo cominciare da zero.

Si è discusso per alcuni decenni se dovesse darsi la preferenza alle formule politiche o ai programmi: la verità è che una formula senza programma è sterile, e un programma senza sostegno politico è destinato a rimanere sulla carta. Un programma, un piano, un progetto - lo si chiami come si vuole - perché diventi un'ipotesi concreta d'intervento deve avere il consenso della società così come questa si esprime. Le scelte politiche devono diventare dunque qualcosa in cui la società possa riconoscersi.

Questo qualcosa sono le istituzioni: il parlamento prima di tutto, poi le altre assemblee elettive, l'amministrazione pubblica, i tribunali, il fisco, la scuola, lo stato insomma, inteso non come mera struttura di potere contrapposta al cittadino, ma come organizzazione della società e insieme di risposte ai problemi da essa posti.

Le istituzioni devono diventare momenti di composizione e non di rottura o di discriminazione, qualcosa in cui il cittadino possa riconoscersi indipendentemente dalla interposizione di partiti politici. Quando l'istituzione è strumento di parte e non garanzia d'imparzialità, lo stato non esiste e diventa inevitabile lo scontro e la violenza.

Ora l'insieme delle istituzioni trova un punto di riferimento nella Costituzione repubblicana, nella quale cittadini e forze politiche possono cercare una comune piattaforma per l'unificazione morale e giuridica del paese. Nella Costituzione esistono valori che possono essere accolti come comuni. Ma si richiedono una serie di correzioni di metodo da parte delle forze politiche senza le quali una politica costituzionale unificante non è possibile. In che misura la Costituzione ha bisogno di essere ritoccata?

Naturalmente essa non è di per sé una garanzia di stabilità e di vitalità della democrazia. È un insieme d'ipotesi che vanno continuamente verificate. E oggi la verifica passa attraverso il modo d'intendere le istituzioni. Si può dire che questo nodo non è stato mai affrontato finora in modo pieno sul terreno politico: l'attuazione è stata lenta, e con un'adesione delle forze politiche non sempre concorde e univoca.

Le istituzioni non possono essere strumento di parte, di nessuna parte. C'è da chiedersi quanto la mancata attuazione di alcune parti della Costituzione sia dovuta ad una appropriazione ideologica di esse.

Se si vuole operare una saldatura fra sistema partitico e sistema istituzionale, occorre mettere le istituzioni al riparo dai contraccolpi derivanti dal loro rapporto distorto con il sistema partitico. Il paese deve identificarsi nelle istituzioni, senza di che anche l'allenza politica più ampia fra i partiti non esce dalla logica del regime. In altre parole, la politica delle istituzioni non coincide con l'occupazione di esse, sia nella forma rozza della lottizzazione, sia in quella raffinata di una legislazione che distorce le istituzioni stesse, rendendole strumento della strategia di alcuni partiti.

Tutto ciò avviene non rispettando le competenze del sindacato rispetto al parlamento, di questo rispetto al governo, di quest'ultimo rispetto alla magistratura, di questa rispetto agli altri organi dello stato. Le istituzioni tinteggiate del colore dei partiti non realizzano lo stato di diritto voluto dalla Costituzione. Noi non sappiamo se la prassi non conforme alla Costituzione sia diventata in Italia già netto contrasto con essa, e quindi transizione a una nuova Costituzione. Non c'è dubbio che s'avverte sempre più una logica di potere che dal sindacato al governo alle segreterie di partito, scavalcando il parlamento, tende a cercare una specie di regime che è ben lontano dal sistema di governo voluto dalla Costituzione.

  CONTINUA ...»

13 Novembre 2009
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