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STORIE / Commercialisti in missione speciale nel no profit

di Elio Silva

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15 marzo 2010
Commercialisti in missione speciale nel no profit

Toglietegli tutto, ma non le Onlus. Il commercialista, normalmente, ha le spalle larghe, abituato com'è a digerire (sia pure con molti mal di pancia, come attestano le proteste di queste ultime settimane) tanto i rappresentanti dello Stato quando lo sospettano di agevolare l'evasione, quanto i clienti che lo vedono come una sanguisuga, perché non si oppone più di tanto al salasso, anzi promuove la cultura della legalità. Il commercialista, insomma, piuttosto brontola, ma non arretra. C'è un'accusa, però, che proprio non sopporta: quella di aver lasciato solo il Terzo settore, cioè l'eterogeneo mondo delle iniziative senza fini di lucro, in un contesto di crescente complessità normativa e di fronte a un Fisco sempre più occhiuto.

«Ma se siamo i migliori amici del non profit», rivendica con orgoglio Francesco Perrotta, 42 anni, consigliere nazionale dell'Ordine, calabrese di origine e perugino di adozione. «Nella vicenda del modello Eas, di cui l'Agenzia delle Entrate ha chiesto la compilazione agli enti e che, alla fine, è stato trasmesso da oltre 200mila organizzazioni, se non fosse stato per la collaborazione volontaria dei professionisti l'operazione sarebbe fallita». Ma tanto impegno è frutto di avanguardie illuminate o nasce da una crescente consapevolezza di tutta la categoria? Per chi siede negli organi di rappresentanza non ci sono dubbi: il tema dell'assistenza alle Onlus e alle imprese sociali, un tempo marginale, sta diventando centrale per il futuro della professione contabile.

Alle radici del legame tra professionisti contabili e non profit si trovano, come sempre, motivazioni e percorsi individuali. Lo sa bene Lorenzo Spinnato, oggi noto commercialista padovano, in passato volontario dell'Azione cattolica. «Resta da compiere un grande salto culturale - ammette Spinnato - perché ancora molti colleghi guardano alle Onlus come se fossero aziende e, viceversa, gli enti tendono a vivere il professionista non come un'opportunità, ma come un costo. C'è, quindi, una sensibilità tutta da costruire ed è necessario trovare strumenti adeguati, non asfissianti, soprattutto nella rendicontazione, per dare concreta applicazione ai criteri di efficienza ed efficacia, come si fa per le imprese for profit».
Così, dopo aver contribuito alla nascita del Centro servizi per il volontariato di Padova, Spinnato è ora attivamente impegnato nella formazione dei colleghi, con un ruolo di pivot per molte iniziative sul territorio.

Il rapporto con le comunità locali è profondamente consolidato in tutto il Triveneto, in Trentino e nell'Alto Adige, dove si conferma la più elevata concentrazione di associazioni in percentuale sulla popolazione. Da Bassano del Grappa, per esempio, è partita la sfida al sottosviluppo di Tullio Chiminazzo, 56 anni, ragioniere commercialista, fondatore e presidente di un movimento mondiale di scuole di "Etica ed economia", molto attivo nella diffusione del microcredito nel sud del mondo.

E c'è chi, nelle pause dell'attività professionale, sceglie di aiutare il non profit in prima persona, mettendosi in gioco per progetti sullo sviluppo e contro la povertà. Tra questi Franco Romagnoli, 68 anni, romano, che al lavoro di dottore commercialista affianca da tempo la dedizione alla fondazione James non morirà, creata nel 2002 insieme alla moglie e ai due figli.
«È una Onlus - racconta - che abbiamo costituito dopo la tragica vicenda di un bambino che non eravamo riusciti a sottrarre alla morte. Operiamo ad Adua, in Etiopia, con il volontariato dei quattro fondatori e della moglie di mio figlio, e ci sosteniamo grazie alle offerte di privati e aziende, senza alcun contributo pubblico. Io mi occupo della gestione contabile e seguo la corrispondenza con i donatori, mentre mio figlio Francesco e la moglie Nevia, anche lei commercialista, ora vivono stabilmente là, all'interno del nostro villaggio, che ospita e dà assistenza a qualche centinaio di bambini. Ovviamente, appena posso, lontano dai momenti di punta del calendario fiscale, anch'io li raggiungo».

Fortemente impegnato a favore del sud del mondo è anche Alberto Usuelli, dottore commercialista iscritto all'albo di Milano da oltre 30 anni. «Mi sono avvicinato al volontariato - racconta - grazie a mio figlio Michele, pediatra-neonatologo che si è sempre dedicato alla cura dei bambini nei paesi poveri, come responsabile dei progetti di diverse Ong in Cambogia, Malawi, Afghanistan e Sudan. Ho iniziato a seguirlo con mia moglie e mio figlio Daniele nelle feste di Natale e ho potuto, così, rendermi conto di persona delle drammatiche situazioni di quelle zone. Attualmente seguo da vicino la Onlus Project for People di Milano e adotto molti bambini, perché sono convinto che una delle possibilità per permettere una vita migliore sia l'istruzione, unica arma che può affrancare dalla povertà».
Interprete del più schietto spirito di solidarietà meneghino anche Roberto Moro Visconti, 46 anni, commercialista e docente di finanza aziendale all'università Cattolica, che due volte l'anno parte alla volta dell'Uganda, dove presta consulenza in materia economica alla diocesi cattolica di Gulu e Lira, nel nord del paese. «In genere prepariamo progetti di microfinanza e studi di fattibilità per interventi di sviluppo», spiega. «E a breve partiranno iniziative analoghe in Tanzania e Kenia».

  CONTINUA ...»

15 marzo 2010
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