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La selezione naturale (e spietata) della finanza

di Niall Ferguson

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15 novembre 2009

La crisi finanziaria che ha colpito i paesi occidentali durante l'estate del 2007 è stata un tempestivo richiamo a una delle imperiture verità della storia finanziaria: prima o poi tutte le bolle scoppiano; prima o poi i venditori ribassisti superano i compratori rialzisti; prima o poi l'avidità si trasforma in panico.
Nei primi mesi del 2008 si percepiva già la reale possibilità di una recessione dell'economia statunitense. Un anno più tardi, ci siamo trovati in mezzo alla più grave recessione dai primi anni 80.

Forse le imprese americane non sono più in grado di progettare e produrre nuovi beni e servizi? O forse l'innovazione tecnologica ha subito una battuta d'arresto? No. La causa scatenante della crisi del 2008-09 è finanziaria: per essere precisi, una contrazione del sistema del credito aggravata dalle crescenti insolvenze in una tipologia di debiti nota eufemisticamente come mutui subprime.
Il sistema finanziario globale era diventato talmente sofisticato che le famiglie povere, dall'Alabama al Wisconsin, hanno avuto la possibilità di acquistare casa o rinegoziare il mutuo grazie a prestiti complessi che (spesso a loro insaputa) venivano impacchettati con altri prestiti analoghi, ristrutturati in forma di collateralized debt obligations (Cdo) e venduti dalle banche di New York e Londra a – fra gli altri – banche locali tedesche e amministrazioni comunali norvegesi che, in tal modo, diventavano titolari del credito a tutti gli effetti.

Questi Cdo erano talmente manipolati e artefatti che si poteva credere che la sequenza dei pagamenti degli interessi da parte dei mutuatari originari fosse affidabile quanto il flusso di cedole garantito da un titolo di stato decennale emesso dal governo federale degli Stati Uniti e, perciò, meritevole dell'ambito rating tripla-A.
L'alchimia finanziaria si era spinta a livelli di sofisticazione mai raggiunti: sembrava che il piombo si potesse davvero trasformare in oro.

Ma quando i mutui originari, cessato il periodo di promozione di due anni a tasso favorevole, hanno imposto ai debitori il pagamento di un tasso d'interesse più elevato, molti hanno cominciato a ritardare i pagamenti. Ed è scoppiata la bolla del mercato immobiliare statunitense che ha provocato il più drastico crollo dei prezzi mai registrato dagli anni 30.
Quel che ne è seguito può essere efficacemente descritto come una lenta ma devastante reazione a catena: tutti i tipi di asset-backed securities, inclusi molti strumenti finanziari non ipotecari, hanno perso valore; istituzioni come i conduits e i veicoli strutturati di investimento, che erano stati creati dalle banche per non iscrivere a bilancio questi titoli, si sono trovati in difficoltà; e dato che le banche hanno dovuto prendere in carico questi titoli, il rapporto fra il loro capitale e l'esposizione è diminuito; le banche centrali degli Stati Uniti e dei paesi europei hanno tentato di alleviare la pressione sulle banche abbassando i tassi d'interesse e offrendo fondi attraverso linee di credito straordinarie temporanee.

Ma il tasso al quale le banche potevano indebitarsi – emettendo obbligazioni o carte commerciali, o nel mercato interbancario – era inchiodato a livelli decisamente superiori al tasso ufficiale di sconto, cioè al tasso d'interesse minimo nell'economia. I titoli originariamente emessi con l'intento di finanziare l'acquisto di aziende da parte di fondi di private equity erano vendibili solo a un sostanziale sconto, ammesso di riuscire a venderli.
Avendo subito considerevoli perdite, molte delle più note banche statunitensi ed europee si sono dovute rivolgere non solo alle banche centrali dei paesi occidentali, ma anche a fondi sovrani asiatici e mediorientali per ricostituire la propria base di capitale. Ma già nei primi mesi del 2008, gli investitori esteri stavano perdendo interesse in titoli bancari che continuavano a perdere valore.

A posteriori, sembra che la transizione dalla crisi dei mutui subprime a una grave crisi finanziaria globale sia avvenuta al rallentatore. Sebbene i prezzi degli immobili negli Stati Uniti avessero cominciato a diminuire già nel gennaio 2007, il mercato azionario ha continuato a crescere fino a novembre. Nel maggio 2008, l'indice Standard & Poor's 500 era sceso solo del 10% rispetto all'ottobre dell'anno precedente.
Nonostante il National Bureau of Economic Research avesse indicato l'inizio ufficiale della recessione nel dicembre 2007, i consumatori americani erano talmente ostinati nel negare l'evidenza che non hanno ridotto la spesa per consumi fino all'autunno del 2008. Solo dopo il disastroso mese di settembre del 2008, la "Grande rimozione" è cessata e la crisi americana si è trasformata in una manifesta crisi della globalizzazione, provocando una drastica diminuzione delle esportazioni asiatiche ed europee, oltre allo scoppio della bolla dei prezzi delle materie prime, che aveva portato il barile di greggio a superare i 133 dollari.

  CONTINUA ...»

15 novembre 2009
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