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OCCASIONI MANCATE / Ecco quello che Obama non ha detto a Hu Jintao

di Martin Wolf

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18 NOVEMBRE 2009

Nell'agenda dell'incontro tra Barack Obama e Hu Jintao c'erano l'economia, il clima, il disarmo nucleare. Il primo tema è il più urgente, gli altri due i più importanti nel lungo periodo.
Se non riusciremo a creare le condizioni per una ripresa economica globale sana, le speranze di un rapporto cooperativo probabilmente si riveleranno vane. Ma una ripresa del genere è tutt'altro che garantita. Non solo: parte di quello che avviene oggi adesso, in particolare la decisione di Pechino di svalutare il renminbi rispetto al dollaro, riduce la probabilità di una ripresa solida.
Questa,dunque, per Obama era l'occasione per raccontare qualche scomoda verità. Spero che lo abbia fatto, dopo briefing approfonditi da parte del suo staff, in questi termini.
«Signor presidente, come ho detto in Giappone, "gli Stati Uniti non cercano di contenere la Cina e un rapporto più profondo con la Cina non comporta un indebolimento delle nostre alleanze bilaterali. Al contrario, l'ascesa di una Cina forte e ricca può essere un motivo di forza per la comunità delle nazioni". Nel prossimo futuro i nostri due paesi saranno i protagonisti della scena mondiale. Dobbiamo affrontare le sfide che abbiamo di fronte in uno spirito di cooperazione e compromesso. Ma non è questo quello che sta succedendo, purtroppo, per quanto concerne le vostre politiche valutarie».
«Le autorità cinesi hanno espresso timori comprensibili riguardo alle politiche monetarie e di bilancio degli Stati Uniti. Recentemente, Liu Mingkang, la maggiore autorità di regolamentazione del settore bancario nel vostro paese, ha affermato che l'azione combinata di un dollaro debole e tassid'interesse bassi ha incoraggiato un "enorme carry trade", che sta avendo un "impatto colossale sui prezzi delle attività a livello globale". Sulla stessa falsariga, molti funzionari cinesi si lamentano dell'entità del nostro deficit di bilancio e sono preoccupati per la sicurezza degli investimenti cinesi in titoli di stato americani».
«Io condivido queste preoccupazioni. Ma la politica di spesa e la politica monetaria che stiamo applicando in questo momento hanno una ragione molto concreta: un anno fa eravamo di fronte al baratro. Ancora adesso, la nostra ripresa è troppo debole per ridurre una disoccupazione che è giunta a livelli intollerabili. Di fronte a questi rischi, la Federal Reserve e la mia amministrazione hanno agito per sostenere la domanda. Semmai, aveva ragione chi sosteneva che il nostro pacchetto di misure di stimolo si sarebbe rivelato troppo limitato».
«Ci siamo trovati di fronte a una recessione gravissima per una ragione semplice: la crisi finanziaria che abbiamo ereditato ha scatenato un tracollo della spesa privata negli Usa, e una brusca impennata del risparmio privato. I miei consulenti mi hanno detto che fra il quarto trimestre del 2007 e il secondo trimestre del 2009, l'equilibrio tra reddito privato e spesa privata negli Usa è passato da un deficit del 2,1% del prodotto interno lordo a un surplus del 6,2%, un'oscillazione in direzione di una maggiore frugalità nell'ordine dell'8,3% del Pil. Il tracollo delle nostre finanze pubbliche non è nient'altro che un riflesso di questo cambiamento nell'equilibrio tra reddito privato e spesa privata. Anche le politiche monetarie espansive della Fed sono una risposta inevitabile al tracollo».
«Io sono presidente degli Stati Uniti. Non lascerò che la nostra economia precipiti nella depressione per proteggere il valore dei risparmi cinesi. Dopo tutto, nessuno negli Stati Uniti vi ha chiesto di intervenire tanto cospicuamente sui mercati valutari e di accumulare l'incredibile quantità di 2.275 miliardi di dollari in riserve estere – gran parte delle quali nella nostra valuta – al settembre di quest'anno».
«La politica che la Cina apparentemente ci raccomanda non funzionerebbe nemmeno. Supponiamo che la Fed interrompa le sue politiche di espansione quantitativa e alzi i tassi di interesse per rafforzare il dollaro, mentre noi facciamo un grosso sforzo per rimettere in sesto i conti pubblici:l'economia tornerebbe in recessione. Perciò, i disavanzi di bilancio sicuramente peggioreranno ancora».
«Come ha appena evidenziato il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique StraussKahn, qui a Pechino, "in definitiva, un incremento della domanda interna in Cina, accompagnato da un incremento del risparmio negli Usa, contribuirà a riequilibrare la domanda mondiale e a garantire a tutti noi un'economia globale più sana". Io riconosco che la Cina ha giocato un ruolo preziosissimo, stimolando la domanda interna e agevolando, grazie a questo, i necessari aggiustamenti globali. L'Fmi, a quanto sembra, prevede un forte calo del surplus delle partite correnti in Cina quest'anno. Sfortunatamente, questo calo potrebbe rivelarsi temporaneo: come prima cosa, il vostro programma di stimolo, facendo affidamento su una fortissima espansione del credito, potrebbe rivelarsi insostenibile; come seconda cosa, il calo del surplus commerciale cinese è dovuto in gran parte al crollo degli scambi mondiali provocato dalla crisi; e come terza cosa, la più importante, la Cina ha avviato una svalutazione del renminbi, agganciandolo a un dollaro che sta perdendo valore».
  CONTINUA ...»

18 NOVEMBRE 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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