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Ma è in un'altra dimensione delle nostre cronache giudiziarie che va identificato il nocciolo più consistente dell'esperienza professionale di Guidetti Serra, e il suo contributo più notevole alla maturazione civile della Repubblica: la tutela legale delle donne. Una battaglia, questa, che Bianca inaugurò già al tempo della Resistenza, da fondatrice e animatrice dei clandestini "Gruppi di difesa della donna", e che la riebbe protagonista nei tribunali degli anni 50 e 60, ogni qual volta c'era da tutelare le donne lavoratrici dalle discriminazioni legate al loro sesso: prima fra tutte la clausola del "nubilato", che il datore di lavoro faceva sottoscrivere alle dipendenti al momento dell'assunzione, per riservarsi la possibilità di licenziarle qualora si sposassero.
Quando aveva partecipato alla Resistenza da militante comunista con il nome di battaglia di "Nerina", Bianca aveva promosso la stampa di un giornale clandestino intitolato «La difesa della lavoratrice». E fin dal primo numero, accanto a un articolo che incitava alla lotta contro il nazifascismo, ne aveva pubblicato un altro dal titolo eloquente: «Parità di retribuzione a parità di lavoro». Ecco qualcosa che le donne italiane sono lungi dall'avere conquistato oltre sessant'anni dopo, nell'anno di grazia 2009: un diritto garantito, in teoria, dall'articolo 3 della nostra Costituzione sull'"eguaglianza dei cittadini"; un sacrosanto diritto per il quale Guidetti Serra si è battuta in tribunale già nel 1958, sostenendo come sindacato - contro il potente Gruppo finanziario tessile - la primissima causa italiana per la parità di retribuzione uomo-donna a parità di lavoro.
La storia di Bianca sarebbe incompleta se non si evocassero i suoi anni Settanta di avvocato penalista negli ambienti della sinistra extraparlamentare, quando la tutela giuridica degli imputati in processi "politici" rischiò di somigliare fin troppo a un'adesione ideologica alla causa della violenza. In quella terribile stagione, durante la quale si trovò a difendere anche terroristi delle Brigate rosse, Guidetti Serra dovette misurarsi con qualcosa di ben diverso dalla carabina di madreperla della sua nonna contadina: dovette fare i conti con i mitra che certi suoi assistiti usavano per sparare davvero. Oggi, il capitolo di Bianca la rossa dedicato agli anni di piombo suona come il più imbarazzato (e il più reticente) del suo libro di memorie.
«Vedo che fai ancora tante cose. Io invece non mi appassiono più a niente»: in un giorno di aprile del 1987, fu questo lo scarno commento di Primo Levi ai racconti dell'amica Bianca («gli parlavo di uno degli ultimi processi per terrorismo di cui mi stavo occupando») nella loro ultima passeggiata per le vie di Torino, con poche ore di anticipo sulla morte del chimico-scrittore. L'anno prima, per il Capodanno 1986, Levi aveva dedicato a Bianca e al vecchio gruppo degli amici torinesi una poesia di congedo: «Ora che il tempo urge da presso, / che le imprese sono finite, / a voi tutti l'augurio sommesso / che l'autunno sia lungo e mite».
Diversamente che per Primo Levi, l'autunno è stato lungo e mite per Bianca Guidetti Serra, che oggi, 19 agosto, compie novant'anni.