Sedici mesi fa, il sistema finanziario Usa vacillava sull'orlo dell'abisso. Il Tesoro, la Federal Reserve e la Federal Deposit Insurance Corporation hanno varato alcune iniziative impopolari e fino ad allora inconcepibili, ma assolutamente necessarie per scongiurare una catastrofe economica, nella quale la disoccupazione avrebbe anche potuto superare la soglia del 25% toccata con la Grande depressione. Per evitare in futuro un bis di quanto accaduto nel 2008, o qualcosa di peggio ancora, è tuttavia di fondamentale importanza che l'America impari qualcosa dalla crisi finanziaria vissuta e vari delle riforme.
Il Congresso deve approvare la riforma della regolamentazione finanziaria. I ritardi stanno creando incertezze, compromettendo la capacità delle istituzioni finanziarie di aumentare i crediti concessi alle aziende di ogni grandezza che vogliono investire, alimentando così la completa ripresa. L'obiettivo di primaria importanza che va assolutamente tenuto presente nella ristrutturazione della compagine finanziaria dovrebbe essere quello di far sì che i contribuenti non debbano mai più intervenire per salvare un istituto finanziario in procinto di fallire.
Il dibattito negli ultimi tempi si è incentrato sulle grandi banche e sui rischi legati al loro trading. Concordo nell'affermare che le grandi banche costituiscono un rischio effettivamente molto grande per il sistema finanziario, e mi preoccupa che nel settore si registri una concentrazione che, per altro, dopo la crisi non ha fatto che aumentare. Se però intendiamo davvero proteggere il sistema ed evitare che in futuro incorra ancora in qualche altro guaio, ci occorre una riforma su vasta scala che regoli tutti i tipi d'istituzione finanziaria e tutte le forme d'attività teoricamente rischiose.
Per esempio, la più recente proposta dell'amministrazione Obama - proibire alle grandi banche di fare trading, qualora non siano indotte a farlo da attività connesse ai loro clienti - non avrebbe impedito il tracollo di Fannie Mae, Freddie Mac, Lehman Brothers, Aig e così via. Invece d'imporre una serie di regole che diverranno obsolete a mano a mano che i mercati si evolveranno, i riformatori politici dovrebbero mettere a punto una legge che assicuri che gli enti di controllo abbiano l'autorità d'affrontare la questione delle dimensioni e tutti i potenziali rischi sistemici correlati.
Ciò rende necessario provvedere a due fondamentali cambiamenti. Il primo: dare vita a un regolatore di rischio sistemico che tenga sotto controllo incessantemente la stabilità dei mercati e si astenga o ponga fine a qualsiasi attività presso qualsiasi società finanziaria che minacci il mercato in generale. Il secondo: il governo Usa dovrebbe avere il potere e l'autorità d'imporre una liquidazione organizzata di qualsiasi istituzione finanziaria in fallimento, al fine di ridurne l'impatto sul resto del sistema. Insieme, queste due riforme consentirebbero al sistema di regolamentazione di scongiurare meglio quel tipo di eccessi che hanno provocato la crisi degli ultimi tempi, di ripristinare la disciplina dei mercati e d'evitare che il fallimento d'una grossa istituzione possa far crollare insieme a sé il resto del sistema.
In questo modo, un'unica agenzia responsabile del rischio sistemico sarebbe tenuta a rispondere del proprio operato, come nessun altro regolatore era tenuto a fare nel periodo antecedente alla crisi del 2008. Avendo accesso a tutte le informazioni necessarie a tenere sotto controllo i mercati, questo regolatore avrebbe sicuramente chance migliori di individuare e limitare l'impatto di future bolle speculative.
Tenuto conto dei mercati globali, vanno affrontate la questione delle dimensioni a un livello multinazionale. Bisogna dunque lavorare tramite il Financial Stability Board, un'agenzia normativa globale avente il suo quartier generale in Svizzera, per definire un accordo internazionale che pretenda più solidi requisiti di capitale e di liquidità per le istituzioni bancarie più grandi e complesse. La necessità di adeguati ammortizzatori per la liquidità non è recepita altrettanto bene, ma dal mio punto di vista è ancora più importante rispetto alla necessità per le banche di mantenere più alti livelli di capitale.
Per quanto riguarda l'approccio interno, adesso in America ci sono diversi enti di controllo governativi che si concentrano sui singoli "alberi" e occorre un regolatore che sia tenuto a rispondere di come controlla l'intera foresta. Preferirei che il regolatore del rischio di sistema fosse la Federal Reserve, perché la responsabilità d'individuare e limitare gli eventuali problemi è parte complementare e integrante naturale del suo ruolo nella politica monetaria. Il Congresso, tuttavia, pare essere maggiormente orientato a scegliere un consiglio di regolatori incaricato d'espletare tale funzione. Anche se questa non sarebbe la mia strada preferita, credo che un consiglio possa essere efficiente se guidato dal segretario del Tesoro o dal presidente della Fed, e se fosse strutturato in maniera tale da garantire di raggiungere rapidamente decisioni efficaci durante una crisi. Troppi gruppi simili presenti nel governo lavorano tramite consenso, così che un unico membro può paralizzare l'operato e le decisioni dell'intero consiglio.
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