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AFGHANISTAN / La vittoria? Non piove dall'alto

di Ugo Tramballi

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2 Marzo 2010
A Kabul si vince dal cielo
di Edward Luttwak

Curtis LeMay, il capo dello Strategic Air Command americano, era un uomo che adorava bombardare. Negli ultimi mesi di guerra aveva fatto lanciare sul Giappone che rifiutava la resa 150mila tonnellate di ordigni incendiari. Era convinto di piegare il nemico e impedire un sanguinoso sbarco dei marines. I giapponesi non mollarono e, per evitare l'invasione, gli americani usarono per la prima volta la più anticonvenzionale delle armi: il nucleare.
Pochi anni più tardi, LeMay pianificò di chiudere la Guerra fredda lanciando bombe atomiche su Urss, Europa dell'Est e Cina: secondo le stime del 1954 sarebbero dovute morire 60 milioni di persone. La Politica, accompagnata da un civile senso dell'orrore, non diede mai al generale LeMay l'ordine di scatenare i suoi bombardieri.
Questo non significa che bombardare dal cielo non sia rimasto per decenni un efficace strumento per vincere le guerre. Nel 1967 l'aviazione israeliana da sola vinse quella dei Sei giorni già all'alba del secondo. Anche se già cinque anni più tardi, nell'altra guerra del Kippur, gli egiziani trovarono le contromisure per degradare l'aviazione nemica a uno dei fattori del conflitto, non il decisivo.
A ogni latitudine mantenere la superiorità aerea è comunque una prova fondamentale di potere che può essere usato per colpire, a volte solo per dissuadere. È probabilmente questa considerazione che spinge un grande specialista come Ed Luttwak a pensare di farla finita con i talebani in Afghanistan incrementando i bombardamenti aerei.
Luttwak è un realista, calcola che la scelta del nation building afghano costa troppo e «potrebbe richiedere un secolo o due». Le sue analisi raramente tengono conto del fattore umanitario: in questo caso, delle bombe imperfette che uccidono civili, mettono in difficoltà un governo alleato e diventano cattiva stampa per americani e Nato.
Anche ignorando questo aspetto non secondario, anche pensando alla vittoria per la vittoria, se bombardare fosse la soluzione, il problema Afghanistan non sussisterebbe perché lo avrebbero già risolto i russi. Senza un'opinione pubblica cui rendere conto, l'Urss ha bombardato indiscriminatamente l'Afghanistan per 10 anni.
Non aveva i limiti politici degli americani in Vietnam: poteva usare la potenza di fuoco che aveva. Eppure non ha vinto. Anche senza i missili Sting anti-elicottero, che dal 1984 limitarono la superiorità russa, i mujaheddin non potevano essere sradicati dal loro territorio.
Nel XX secolo vietcong e mujaheddin erano eccezioni di conflitti in gran parte combattuti fra eserciti nazionali o fra guerriglie. Nel XXI, la guerra asimmetrica è una regola: eserciti nazionali contro milizie religiose, di partito o etniche. In Abkhazia l'esercito russo travolge quello georgiano e un conflitto vecchio stile finisce in tre giorni.
Nel Sud del Libano l'aviazione più tecnologica del mondo non batte una milizia islamica: bombarda e distrugge tutti i possibili obiettivi ma fino a che non arriva la fanteria gli israeliani non sloggiano il nemico da un solo villaggio.
Luttwak sostiene che i bombardamenti dell'estate 2006 sono stati un successo come deterrente: visti i danni, il capo Hezbollah Hassan Nasrallah non provocherà più Israele.
Posto che nessuno scommetterebbe la pensione sulle intenzioni di Nasrallah, quattro anni dopo la guerra Hezbollah è al governo a Beirut, controlla il Libano, è più e meglio armato di prima. Come Hamas a Gaza dopo i bombardamenti dell'anno scorso.
È banale dire che sia sempre meglio avere aerei, elicotteri e droni che esserne senza. Ed è scontato prevedere che talebani, Hamas ed Hezbollah ne riducano l'efficacia facendosi cinicamente scudo con i civili.
Ma queste milizie combattono in casa; spesso casa e campo di battaglia sono lo stesso luogo; totale per Hezbollah o disputabile negli altri due casi, godono di consenso popolare. La soluzione del problema è anche militare ma soprattutto politica.
Stabilita la difficoltà di un dialogo diretto con Hamas ed Hezbollah, la forza di queste milizie può essere aggirata cambiando il quadro diplomatico del Medio Oriente: per esempio, ingaggiando la Siria in una reale trattativa di pace.
Il nation building afghano non dura un secolo se non si pretende che a Kabul nasca un parlamento come i nostri, con maggioranza, opposizione, alternanza e divieto di burqa. Vincere bombardando richiede più tempo. Sempre che qualcuno non dia l'ordine negato nel 1954 a LeMay.

IL DIBATTITO
Sul Sole 24 Ore del 25 febbraio,Edward Luttwak ha affermato che, nel conflitto afghano gli Stati Uniti non stanno dando adeguato peso alla propria potenza aerea. Invece di raddoppiare le forze sul terreno, farebbero meglio «riesumare i bombardamenti strategici, armando fino ai denti i molti nemici dei talebani» e impiegando adeguati «bombardamenti aerei per attaccare i talebani ogni volta che si riuniscono in forze». Dopo averle provate tutte, conclude Luttwak, «è probabile che Obama arriverà» a questa opzione.

2 Marzo 2010
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