Lo sviluppo economico e civile del Sud è il nodo irrisolto del paese a 150 anni dall'Unità d'Italia. Lo ha ricordato più volte negli ultimi mesi il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Eppure la svolta nella strategia per il Mezzogiorno - ripetutamente annunciata - non ha ancora preso forma. Bisognerà attendere che si tengano le elezioni regionali. Con la conseguenza che gli elettori andranno a votare nella maggior parte delle regioni meridionali senza che le forze politiche nazionali - al governo e all'opposizione - abbiano indicato delle proposte chiare e credibili per il Sud.
In questo quadro, elementi concreti di novità vengono per ora da Confindustria. Già da qualche tempo, infatti, l'organizzazione degli imprenditori si interroga sulle linee da seguire per promuovere una svolta. A differenza di quel che continuano a fare le principali forze sociali e politiche, ha deciso di guardare anzitutto in casa propria. Non si è limitata cioè a chiedere che cosa la politica e le istituzioni dovrebbero fare per il Sud, ma si è interrogata anzitutto su che cosa Confindustria stessa possa fare per il Sud. È una svolta importante, ben illustrata ieri al convegno su «Il Sud aiuta il Sud» tenutosi a Bari. Quali sono gli elementi essenziali di questa svolta? E quali conseguenze possono avere per lo sviluppo del Sud?
La prima decisione di rilievo riguarda la lotta alla criminalità. In gennaio è stata approvata una delibera che integra il Codice etico della Confederazione prevedendo sanzioni interne (fino all'espulsione) per gli imprenditori conniventi con la criminalità che non denuncino ogni pressione illegale. Confindustria si costituirà inoltre parte civile nei processi nei quali i suoi associati compaiano come parte lesa o come imputati.
I n questo modo, è stata adottata e sostenuta a livello nazionale la linea innovativa e coraggiosa maturata in Sicilia. Si tratta di una decisione importante non solo per le sue potenziali ricadute operative, ma anche per il messaggio nei riguardi degli imprenditori. Perché anche in questo modo può maturare il convincimento che non bisogna aspettarsi il cambiamento solo dalla politica.
Nella stessa direzione si può leggere la proposta di una radicale riforma del sistema degli incentivi (sono state censite ben 1307 misure di agevolazione finanziaria, di cui 1216 facenti capo alle regioni). In questo caso, l'organizzazione degli imprenditori riconosce che la diffusione di tali meccanismi di incentivazione a pioggia ha avuto conseguenze negative per le stesse imprese, perché non è stata in grado di promuovere l'innovazione ma ha piuttosto provocato assuefazione e dipendenza dall'aiuto pubblico; ha spinto inoltre all'assistenzialismo e al clientelismo, favorendo quella pervasività della politica nella società meridionale che costituisce un ostacolo potente alla crescita di attività solide, capaci di stare autonomamente sul mercato. In questo caso la svolta prende dunque di petto quel mito ricorrente della incentivazione agevolata che è stato foriero di potenti effetti perversi. In questa prospettiva ci sarebbe peraltro da riflettere anche sul credito d'imposta automatico. Già in passato, infatti, esso ha prodotto distorsioni e abusi, ma in ogni caso non sembra in grado di sostenere efficacemente l'innovazione (come dimostrano le ricerche disponili). Questa passa invece - come le proposte di Confindustria riconoscono - dalla riqualificazione del contesto ambientale in cui operano le imprese, su cui sarebbe opportuno concentrare le risorse: costi e tempi delle procedure amministrative, infrastrutture e servizi, formazione, giustizia, lotta alla criminalità.
In un'economia globalizzata anche il Mezzogiorno - che è parte rilevante di un Paese avanzato - non può svilupparsi e competere senza far crescere l'innovazione e l'economia della conoscenza. Questo richiede non incentivazioni individuali ma promozione di reti di collaborazione efficaci tra le imprese, e tra queste e le università, sostenute da infrastrutture e servizi adeguati. Anche da questo punto di vista gli orientamenti di Confindustria possono avere conseguenze rilevanti, se l'organizzazione degli imprenditori saprà promuovere forme di collaborazione efficaci tra le imprese che non necessariamente devono dipendere dall'aiuto pubblico. Molte indicazioni di ricerca segnalano che in varie parti del Sud è cresciuta un'imprenditorialità innovativa, più giovane e istruita, e con una presenza femminile non trascurabile. Questa nuova leva deve spesso il proprio successo a esperienze di collaborazione capaci di superare l'isolamento delle aziende che è stato tradizionalmente più forte al Sud e ha ostacolato la crescita. Il binomio innovazione-cooperazione è maturato in genere al di fuori dei circuiti degli aiuti pubblici, anche se soffre per le carenze del contesto. E' tra questi soggetti, più abituati a confrontarsi con la frontiera dell'innovazione e con i mercati internazionali, che si manifesta con più forza la voglia di cambiare i rapporti tradizionali tra politica e mondo imprenditoriale nel Mezzogiorno.
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