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Mamme tutte grinta e ricerca

di Francesca Barbieri

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23 novembre 2009

Le tre mamme della nanoscienza si muovono con agilità nei lunghi corridoi dell'Imem di Parma,l'istituto dei materiali per l'elettronica e il magnetismo che fa capo al Consiglio nazionale delle ricerche. «È una falange armata» scherza Salvatore Iannotta, direttore dell'istituto dove lavorano una sessantina di persone tra ricercatori, tecnici, studenti, dottorandi e post-doc, con una quota rosa intorno al 35 per cento.
In effetti tra Franca Albertini, Lucia Nasi e Paola Frigeri - un figlio di sette anni la prima, due gemelli di 12 la seconda, tre femmine tra i 4 e i 6 anni la terza-c'è molta complicità e affiatamento, basta uno sguardo e si capiscono senza dover parlare. Soprattutto ora, tra una conferenza e l'altra per l'iniziativa «Scienza: la parola alle donne» in corso presso il loro istituto fino ai primi di dicembre. Tutte e tre 43enni, si conoscono dai tempi dell'università, facoltà di fisica all'ateneo di Parma. Si sono fatte avanti in un mondo di uomini. «I nostri docenti erano tutti maschiricorda Franca- come la maggior parte dei compagni ». L'assunzione è arrivata nel 2001, dopo 10 anni di precariato, tra borse di studio e contratti a termine. «Avevo già la valigia in mano per fuggire all'estero o tentare la strada dell'insegnamento » racconta Lucia. «E invece ci è andata bene a tutte e tre- aggiunge Franca- :è uscitoun bando dell'Imem e siamo riuscite a superare l'esame di ammissione ».
Del gruppetto quella che è arrivata alla leadership è proprio lei: oggi è capo di un team di 12 persone impegnato nel progetto europeo E3 car, in cui l'Imem figura come unico ente di ricerca italiano. Anche se la sua qualifica rimane da ricercatore "ordinario", «perché non ci sono concorsi e mi trovo a dirigere persone che guadagnano più di me». L'obiettivo del suo gruppo è realizzare un prototipo di auto elettrica con innovativi sistemi di controllo elettronico, per cui Franca sta mettendo a punto unsensore capace di controllare e distribuire energia in modo intelligente. Lei è la regina del corridoio dei materiali magnetici, una decina di laboratori in tutto. Qui ci spiega il funzionamento dello sputtering, il suo gioiello più prezioso: un grosso cubo grigio che bombarda di atomi i materiali per ricavarne di nuovi, più evoluti ed efficienti. Tutto su scala nanometrica, dell'ordine di alcuni milionesimi di millimetro. Le sue colleghe-amiche non stanno di certo a guardare: Lucia controlla i materiali prodotti grazie a un enorme microscopio che ne passa al setaccio le strutture atomiche. E se qualcosa non funziona bisogna ricominciare il processo. Paola invece è la signora "incontrastata" della camera bianca, dove studia la preparazione di materiali purissimi, utili ad esempio per migliorare le prestazioni dei laser.
Donne vincenti che vogliono dissolverel'immagine di una comunità scientifica identificata ancora come roccaforte maschile. «I giovani, soprattutto le ragazze, sono vittime dello stereotipo dello scienziato maschio isolato, sempre immerso nello studio e lontano dalla vita di tutti i giorni - lamenta Franca - . Non siamo moderni Einstein, nei laboratori si condividono passioni, fatica ed entusiasmo. Nel nostro giochiamo con gli atomi per scoprire nuove proprietà e progettare materiali "utili": dalle memorie degli hard disk ai laser, fino alle celle fotovoltaiche». Anche se ci sono molti aspetti che andrebbero migliorati. «In cima alla lista dei desideri - spiega Franca - c'è l'aumento dei finanziamenti, con grande riguardo anche per la ricerca di base». Poi «andrebbero messi a punto piani coerenti a lungo termine per reclutare i giovani, altrimenti si rischia di perderli per sempre». E infine, migliorare le pari oppurtunità in un settore che vede ai vertici quasi sempre uomini, anche se la base si tinge sempre più di rosa. «Al Cnr- dice Franca- solo un dirigente su cinque è donna».Percentuale che scende al 19% all'Istituto nazionale di astrofisica e all'11% all'Istituto di fisica nucleare.

Una donna ad alto rischio
Sfondare il soffitto di cristallo non è impresa semplice. Ma non impossibile. Lo dimostra Barbara Borzi, 39 anni, primo ricercatore all'Eucentre di Pavia,uno dei maggiori poli europei nello studio dei rischi sismici: questa giovane dai grandi occhi scuri e dallo sguardo deciso coordina un gruppo di circa 15 persone, quasi tutte donne. È l'unico direttore di sezione " con i tacchi alti" sui nove dell'istituto.Ogni lunedì mattina dalla sua casa di Brescia parte prestissimo per dirigersi verso Pavia, dove l'aspetta una settimana fitta di appuntamentie di trasferte. «Quei cento chilometri mi pesano molto - la sua voce ha una nota di tristezza - : a Brescia lascio la mia famiglia, con i miei due bambini di 6 e 2 anni».
È una donna in carriera, Barbara, ma non in affanno. «Mi arrabbio quando sento parlare di prevaricazione, di difficoltà a gestire lavoro e vita privata. Al contrario direi che il conto con gli uomini si chiude in pareggio.L'abilità è sicuramente indipendente dal sesso, ma siamo diversi, sappiamo fare le cose in modo differente: con tanta dedizione, passione e organizzazione si può benissimo conciliare carriera e vita privata».
  CONTINUA ...»

23 novembre 2009
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