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Barbara è uno dei pochi cervelli rientrati in Italia, dopo aver trascorso quasi un anno a Londra, per conseguire il "post-doc" in analisi di strutture in cemento armato soggette ad azione sismica, e poi per due anni e mezzo ha occupato la posizione di
senior engineer in una multinazionale
con sedi in Inghilterra. Nel 2002 si è trasferita in Germania, all'interno di una società leader nello studio dei rischi nelle centrali nucleari. «Sono tornata perché ho avuto un'offerta interessante dall'Eucentre - racconta - . Nel frattempo è nata mia figlia: stare in Italia mi permette la vicinanza ai miei affetti e di occuparmi di un lavoro che mi appassiona tantissimo».
E allora eccola nel suo ufficio di Pavia. Sulla scrivania, poche foto e tanto disordine. La giornata è appena cominciata e inizia la spola del primo ricercatore Borzi tra ufficio e open space dove lavora il suo team.
Il gruppo è molto affiatato. In questo periodo tutto è concentrato su un progetto in scadenza per la Regione Calabria: la messa a punto di una procedura informatica per i controlli su edifici e ponti in zone sismiche.L'attività è frenetica davanti ai monitor dei pc, ma «raramente si vedono musi lunghi» assicura Barbara. Che aggiunge «il mio lavoro è fatto anche di levatacce all'alba per prendere i primi voli del mattino e rientri alla sera tardi: in questo periodo parto spesso per la Calabria per spiegare l'utilizzo della nostra procedura a gruppi di professionisti che la dovranno applicare». Tornare all'estero in futuro? «No, grazie». I suoi occhi non tradiscono dubbi. «Ho raggiunto il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata e non è nei miei piani dover riorganizzare tutto da capo».
In Sardegna a caccia di geni
Stessa risposta anche dalla sarda Silvia Naitza 40 anni e una laurea in scienze biologiche con il massimo dei voti-che studia i geni con l'obiettivo di scoprire i "responsabili" della predisposizione a certe malattie, come l'asma,il diabete e il tumore al seno. «Dopo 17 anni lontana dalla mia terra - racconta - sono tornata a Cagliari, dove riesco a fare ricerca ad alto livello senza trascurare la mia famiglia ». La sua scoperta più importante lo scorso anno, quando a capo di un team di una trentina di persone, ha individuato il gene chiave per gli ormoni della tiroide. È assunta a tempo indeterminato come ricercatore al Cnr di Cagliari da inizio 2009: la sua storia post-laurea comincia all'Imperial college di Londra, dove è rimasta cinque anni.
«Ricordo un episodio che mi ha motivata ad andare avanti: ero molto presa da uno studio sui parassiti della malaria, che mi impegnava fino a tarda sera, compresi sabati e domeniche. Dopo due anni ho scoperto una particolare proteina che è stata determinante per la messa a punto del vaccino». E che le è valsa una citazione su «Lancet»,l'autorevole rivista medica.Un talento emerso anche in Francia, durante il post-doc a Strasburgo: «Qui ho contribuito alla scoperta di un gene molto importante nello studio delle difese immunitarie». Risultati prestigiosi che l'hanno ripagata dei sacrifici e dato la carica per andare avanti. Oggi al Cnr conserva la sua dimensione internazionale, collaborando con istituzioni europee e americane, tutte impegnate nel progetto Progenia. I risultati permetteranno di aggiungere ulteriori tasselli sui meccanismi alla base dell'invecchiamento delle persone. «Da quando dirigo il gruppo di ricerca- dice Silvia - ho meno tempo per il laboratorio: la mia giornata è fitta di riunioni e di decisioni da prendere, di persone che entrano ed escono dal mio ufficio, quasi tutte donne, una squadra rosa molto motivata». Anche se la ricerca scientifica in Italia prevede molti anni di precariato, «le ragazze - conclude Silvia - sono più grintose dei maschi e accettano anche i risultati negativi senza scoraggiarsi». Parola di una che ce l'ha fatta. E che a gennaio diventerà mamma. «Sarà bellissimo iniziare anche questa avventura ».