Ho capito che qualcosa di importante stava accadendo all'economia mondiale, quando giovedì scorso ho visto Michael Mussa, uno dei più rispettati economisti del mondo, passare davanti alla porta del mio ufficio al Peterson Institute for International Economics di Washington. Ogni mattina vedevo entrare Mike, due porte più in là, nella sua stanza, ma mai lo avevo visto così serio e formale.
Dopo poche ore nella sala delle conferenze dell'istituto avrei capito perché. «Come vedete - ha esordito Mussa presentando le sue tradizionali e attesissime stime per l'economia mondiale - sono vestito di scuro, con la cravatta e le scarpe nere. Come si conviene a un funerale. Infatti - ha ripreso dopo una pausa ben studiata - vi sto annunciando la morte di qualcuno: è morta la recessione globale».
Per un intenso quarto d'ora l'ex consigliere del presidente Reagan ha sfoderato cifre di un ottimismo provocatorio. Tra giugno 2009 e dicembre 2010, secondo Mussa, la crescita dell'economia americana sarà pari a uno stratosferico 7%. Fred Bergsten, il carismatico direttore del Peterson e forse il più influente economista dei think tanks mondiali, seduto in quel momento a fianco a me, ha avuto un lampo silenzioso. Quello che vedeva di fronte a sé era il vero antagonista di Dr Doom, il nome con cui è diventato celebre Nouriel Roubini prevedendo la profondità della crisi: con Mike Mussa era apparso agli occhi degli umani un nuovo visionario profeta: Dr Boom!
Mentre il mondo, compresi gli altri fellows dell'Istituto, si interroga ancora sulla forma dell'uscita dalla recessione, Mussa è convinto che la logica sia la più semplice possibile: «Più ripida la discesa, più rapida la risalita». In diversi abbiamo cercato di approfondire la struttura di analisi dietro il suo straordinario ottimismo, ma il dato fondamentale resta quello: c'è una regolarità storica in tutte le recessioni: tanto più velocemente l'economia si avvita, tanto più vigorosamente rimbalza. Al fondo di questa interpretazione c'è la convinzione che l'intervento pubblico in realtà non abbia molta influenza sull'economia e che una volta salvaguardata la funzionalità del mercato, gli individui siano desiderosi di rimettersi in piedi.
Altri economisti non condividono questo naturalismo. Simon Johnson, come Mussa un ex capo economista del Fondo monetario, ha messo in dubbio nelle discussioni all'Istituto le interpretazioni ottimistiche. Ma Bergsten stesso, la cui esperienza nell'Amministrazione era stata invece maturata col presidente Carter, ha trovato gli argomenti di Mussa molto convincenti.
Contro la teoria del rimbalzo ci sono almeno due serie motivazioni analitiche. La prima è quella documentata da Rogoff e Reinhardt secondo cui le recessioni che nascono da crisi dei sistemi finanziari sono molto più lunghe e difficili perché i danni strutturali sono complessi da rimediare. La seconda è che la crisi attuale nasce da squilibri globali dovuti ad abitudini di consumo sbilanciate sia negli Stati Uniti, sia in Cina. Fino a che gli americani non torneranno - come stanno facendo - a risparmiare e i cinesi a consumare, i mercati finanziari saranno costretti ad aggiustare gli squilibri di bilancia dei pagamenti dei due giganti, spesso con livelli di tassi d'interesse o di cambio irragionevoli, ma nel farlo saranno esposti a incidenti. Ma affinché gli americani riescano a risparmiare, la domanda interna deve scendere e quindi anche il reddito aggregato.
Mussa non condivide l'ipotesi che la crisi non si risolverà fino a che le banche non saranno guarite. Il meccanismo è secondo lui opposto: è la crescita economica che guarisce le banche, non viceversa. Quanto agli squilibri globali, tutti, in particolare noi europei, siamo convinti che siano stati "necessari" a porre le premesse della crisi, ma molti dubitano che siano stati in alcun modo sufficienti. L'ottimismo di Mussa, che aveva previsto una ripresa a forma di "V" già ad aprile - è per altro molto contro corrente. Lo stesso presidente della Fed, Ben Bernanke, parlando una settimana fa a 50 metri di distanza dall'ufficio di Dr Boom, aveva annunciato la probabile fine della recessione, ma aveva anche previsto una uscita lenta e complessa e purtroppo - come aveva poi confermato il presidente Obama - segnata per i prossimi trimestri da una crescente disoccupazione. Mussa è convinto che nel solo 2010 il Pil americano crescerà di almeno il 4% e la disoccupazione si fermerà al 9%. L'economista ritiene di essersi mantenuto molto cauto, perché questi livelli corrispondono a un rimbalzo pari a solo due terzi di quelli passati all'uscita dalle recessioni più gravi del secolo scorso.
Arthur Pigou, l'economista britannico dell'inizio del '900, sosteneva che «un errore di ottimismo muore attraverso una crisi, ma nel morire dà vita a un errore di pessimismo che non nasce come un infante, ma come un gigante». La cosiddetta "ripresa di Reagan" del 1983, dopo una recessione nell'82 di dimensioni analoghe all'attuale (-6% del Pil), arrivò fulminea e con tassi di crescita tra il 7 e il 9,5% trimestre dopo trimestre.
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