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La sfida di un memoriale
per i caduti di pace

di Paola Pierotti e Giorgio Santilli

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23 settembre 2009

Un monumento per ricordare i militari italiani caduti nelle missioni di pace. Un memoriale per annunciare un messaggio di pace, per informare, per ricordare l'articolo 11 della Costituzione. La proposta lanciata dal Sole 24 Ore piace agli architetti italiani, pronti a dare un contributo di idee per arricchirla e trasformarla in progetto. Nessuno, però, nasconde, fin dal primo approccio, le difficoltà del tema da trattare. Non pochi i tabù che restano, qui da noi. Forse anche il peso di una retorica antica di cui si fa fatica a liberarsi. Un architetto americano avrebbe meno difficoltà, forse, a parlarne.

«Il tema del memoriale è delicato e, in assenza di iconografia accademico-convenzionale, si presta a facili errori». Lo dice in premessa l'architetto milanese Cino Zucchi, 54 anni, cui non manca il gusto per il dibattito politico e sociale. Gli piace l'idea ma preferisce definire un perimetro in cui muoversi. «Un monumento contemporaneo - dice - non può essere una statua ai caduti del modello ottocentesco. Piuttosto un oggetto urbano, serio senza essere lacrimoso, com'è quello costruito da Peter Eisenman a Berlino in memoria dello sterminio degli ebrei in Europa. Il memoriale all'Olocausto costruito nel 2005 – continua Zucchi – è un esempio multiplo di come fare un'opera contemporanea. Un mix di architettura, scultura e paesaggio». Un altro buon esempio è il Veterans Memorial di Washington progettato dalla giovane cinese Maya Lin: un grande parco con un muro di granito su cui sono scritti i nomi dei 57000 morti in Vietnam tra il 1959 e il 1975.

Per Andrea Boschetti, generazione immediatamente successiva, 40 anni, il memoriale deve essere strumento di comunicazione. «Ha più senso costruire una centrale di informazione, una fondazione che informi sull'effettivo ruolo delle missioni di pace. Un luogo deputato al racconto di quello che accade nel mondo, una specie di finestra che informa sull'attività di organizzazioni come la Croce Rossa, Amnesty International o Emergency. Potrebbe essere un oggetto mobile – spiega l'architetto dello studio Metrogramma – una sorta di padiglione itinerante da spostare in diverse città».
Molti insistono sul tema del paesaggio. Anche chi è contrario all'idea di un monumento ai caduti italiani - come Massimiliano Fuksas - perché «contrario a tutte le guerre» e alla «esportazione della democrazia», pensa che «il paesaggio meglio di altre architetture può esprimere l'idea della pace».

«L'unico monumento per la pace che vedo - dice l'architetto romano - è una foresta di un chilometro per un chilometro, dove porterei un bambino per ogni albero, un quadrilatero perfetto di verde che sembri una foresta alluvionale e dia il senso del ritorno alle origini». Una foresta di dolmen metallici è stata da poco realizzata a Roma sulla via Ostiense presso la basilica di San Paolo fuori le Mura, come Monumento ai caduti di Nassiriya.
«I monumenti dell'Ottocento risolvevano uno spazio, risignificavano un luogo. Anche oggi un memoriale – aggiunge Zucchi – deve avere una doppia funzione, avere un ruolo anche rispetto alla città». Il memoriale può anche essere un opera di paesaggio. «Come quella fontana memoriale – dice Zucchi - che Gustafson Porter ha progettato per Lady Diana: un anello bianco di pietra, una fontana del ricordo».

Numerosi architetti si sono confrontati con il tema del memoriale, da Louis Kahn a Paolo Caccia Dominioni, più recentemente l'americano Daniel Libeskind, anche a Padova con un segno che ricorda la tragedia dell'11 settembre, e lo stesso Eisenman. Un esempio che resta interessante è quello romano delle Fosse Ardeatine dove con dignità si ricorda un fatto della storia, un esempio al confine tra paesaggio e architettura. Oggi architettura, scultura e paesaggio devono creare forme nuove. Un altro esempio contemporaneo è il memorial bridge costruito a Rijeka dal giovane studio 3LHD. Ma non solo.

Il tema è complicato ma come si fa normalmente a scala internazionale la soluzione migliore è affidarsi a un concorso di idee. In Cina, ad esempio, per il memoriale del Nanjing Massacre è stato indetto un concorso dove hanno partecipato archistar di tutto il mondo da Zaha Hadid a David Chipperfield. «È essenziale prendere questa linea – dichiara Luca Molinari, critico di architettura -. Si potrebbe anche riservare la gara alla giovane architettura italiana, visto che i militari morti erano giovani. Si potrebbe definire un ruolo per gli artisti. Penso che la competizione dovrebbe riguardare un oggetto utilizzabile, non una boccia di marmo in mezzo a una strada, ma un luogo con una funzione sociale. Un ponte con la cultura medio-orientale; un'opera simbolica che celebri la memoria e allo stesso tempo un'occasione per lavorare sugli spazi».

23 settembre 2009
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