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Regola O'Leary: spiazzare il cliente per dargli ragione

di Michael Skapinker

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25 marzo 2010

Fu Henry Gordon Selfridge, fondatore dei grandi magazzini londinesi Selfridges, a dire che «il cliente ha sempre ragione»: una frase diventata una verità lapalissiana nel mondo del lavoro. Ma corrisponde proprio alla realtà? È proprio vero che il cliente ha sempre ragione? La domanda ha scatenato un dibattito sulle pagine del Financial Times, innescato da un mio recente articolo nel quale spiegavo perché gli aspiranti tassisti londinesi farebbero bene a frequentare corsi obbligatori di servizio e assistenza alla clientela, oltre a superare il famigerato test sulla conoscenza della città strada per strada, meglio noto come The Knowledge. I corsi dovrebbero incentrarsi su come accogliere i passeggeri, come occuparsi dei portatori di handicap e, poiché i tassisti sono noti per esternare spesso le loro opinioni, imparare anche «quando è giunto il momento di chiudere il becco».
L'articolo ha indotto Brett Self di Birmingham, Alabama, a scrivere una lettera molto pungente: «Per generazioni si è insegnato e ribadito che "il cliente ha sempre ragione". Questo assioma in realtà è sbagliato. Tuttavia il suggerimento a considerare il cliente alla stregua di un "re", o di un "boss", nonché - definizione che prediligo in assoluto - "la ragione stessa per la quale siamo qui" continua a farsi strada nella grigia mentalità del management del settore moderno e mondiale dei servizi».
Ci sono numerosi capi d'azienda che concordano con queste parole. Nelle sue memorie, Gordon Bethune, ex direttore generale della compagnia aerea Continental negli Stati Uniti, ha scritto un capitolo intitolato «Il cliente non ha sempre ragione». Micheal O'Leary, presidente di Ryanair, la compagnia aerea low-cost, di recente si è spinto ancora oltre, affermando senza mezzi termini al Financial Times che «Il cliente di solito ha torto». Si potrebbe pensare a questo punto che i clienti di queste compagnie le abbiano abbandonate per prediligerne altre più cordiali, ma non è così. Bethune e O'Leary sono due dei direttori generali di maggior successo della loro generazione. Bethune - che ha scritto un libro intitolato From worst to first (Dal peggiore al primo posto) ha salvato la Continental da quello che pareva l'ultimo atterraggio in un terminal. O'Leary è ai comandi di una delle compagnie aeree di maggior successo nell'intera storia dell'aviazione. Forse questo significa che si può non solo trattar male i propri clienti ma anche guadagnarci sopra? Non proprio. Semplicemente che dobbiamo andare un po' più a fondo nella questione.
Bethune sicuramente si è dato molto da fare per offrire un miglior servizio alla clientela, specialmente con record strabilianti in termini di puntualità dei voli: ha infatti comunicato al proprio personale che, per ogni mese che la Continental fosse stata tra le prime cinque compagnie aeree Usa a rispettare gli orari, ogni dipendente avrebbe ricevuto un bonus di 65 dollari. Per Bethune, soltanto dipendenti motivati possono fornire un servizio in grado di soddisfare i clienti. E se anche un solo cliente non ritenendosi soddisfatto fosse diventato aggressivo nei confronti di un suo dipendente, Bethune avrebbe sempre appoggiato quest'ultimo. Perché? Perché pensava che i dipendenti avrebbero fatto di più e meglio per i clienti se avessero saputo di avere al proprio fianco il management.
Il caso di O'Leary è un po' più complesso. O'Leary pare essere uscito un po' dai canoni consueti e aver quasi preso di petto la sua clientela, arrivando perfino a minacciarla di imporre una tariffa sull'uso dei gabinetti. Al Financial Times ha poi riferito di averlo fatto per farsi pubblicità, poiché la sua compagnia aerea spende pochissimo in advertising. O'Leary offre alla sua clientela una cosa sola: voli a basso prezzo. Questo è il punto forte della compagnia aerea che dirige, ed è sempre più determinato ad abbassare i costi. Facendo capire ai clienti quanto poco egli li tenga in considerazione, O'Leary li incoraggia a concentrarsi unicamente su una cosa, il prezzo, abbassandone automaticamente le aspettative. Se poi il servizio è offerto con un bel sorriso, quel sorriso appare quasi un di più. Nel momento stesso in cui i voli di Ryanair dovessero costare quanto quelli di altre compagnie aeree, i clienti l'abbandonerebbero e O'Leary ne è assolutamente consapevole.
Occorre pertanto saper comprendere la propria clientela, sapere da chi è composta e che cosa le si offre. Se si ha intenzione di offrirle prezzi stracciati, è indispensabile essere i più economici del settore. Se si ha intenzione di offrirle qualcosa di sfarzoso, deve essere il meglio dello sfarzo.
Che dire dunque ai tassisti londinesi? Che i loro clienti non si sono mai rivolti a loro perché interessati ad ascoltare le loro opinioni, ma soltanto perché hanno una licenza da tassista, sono persone sicure e sanno come districarsi in città. Il problema è che altre categorie sono adesso sul mercato: si tratta di conducenti di mini-tassì, con tanto di licenza. Oltretutto i gps ormai hanno aggirato anche il problema di dover superare l'esame The Knowledge. Non sono sicuro che corsi appositi su come offrire un servizio migliore risolverebbero il problema: i tassisti devono fare in modo di garantire anche un'altra cosa - che sono gli unici in grado di offrire - ovvero di essere disponibili all'uscita dai teatri e all'orario di chiusura dei pub e forse, chissà, anche abbassare i prezzi.
  CONTINUA ...»

25 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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