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CARLO MARIA MARTINI
Su internet mi ritrovo con i grandi e i dimenticati

di Gianni Riotta

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26 marzo 2010
Il cardinale Carlo Maria Martini (Olycom)

Il cardinale Carlo Maria Martini entra nella sala dell'istituto per gesuiti non lontano da Gallarate, fuori il cielo è grigio come si addice all'hinterland, ma lui parla subito di Gerusalemme: «Dalla mia finestra vedevo tutta la Città Vecchia, seguivo i luoghi della Passione. Adesso vedo quel panorama con lo Spirito». Si appoggia a un bastone, la figura alta ed elegante, il profilo più sottile. Età e acciacchi sono tenuti a bada dal carisma, come in Papa Wojtyla, nel cardinal Martini la fragilità del tempo è esaltata a forza dalla fede e dalla ragione.
Ci incontriamo per discutere di nuove tecnologie, di cultura, idee e religione al tempo di internet, dei social network e di Twitter. Martini si siede sotto un grande Crocefisso e lo sguardo del biblista celebre si rivela subito a proprio agio con i monitor più amati dai nostri figli.

Cardinal Martini, ci sono due passaggi del Vangelo di Giovanni che tornano spesso alla mente in questi giorni di nuove tecnologie, di nuovi media: «Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi» e l'altro che dice invece più cupamente «Gli uomini preferirono le tenebre alla luce», parole che Leopardi mette in cima a La ginestra. Quando lei guarda i nuovi media, è più animato dalla speranza che conoscere la verità rende liberi oppure più preoccupato dalla scelta delle tenebre?
Sono piuttosto contento che i media ci siano, siano molto ampliati: io stesso ne faccio uso molto volentieri, quindi mi muove di più la fiducia che i media creino ponti tra la gente. Poi si possono anche usare male, però lo scopo di comunicare è molto bello.

Nel suo saggio Il lembo del mantello già qualche anno fa lei aveva parlato di televisione e radio come elementi di un Cantico delle Creature della comunicazione del nostro tempo. Internet, i nuovi media possono fare parte di questo universo?
Sì, certamente ne fanno parte perché il progetto di Dio è un progetto comunicativo, cioè ampliare la comunione tra gli uomini, e anche il progetto eterno di Dio sarà una grande comunione di tutti con tutti, quindi certamente questi media s'inseriscono in questo progetto.

Chi ha meno di vent'anni ha più confidenza con le immagini del computer che con la parola del libro. Lei ha dedicato la sua vita alla parola (con la "p" minuscola) della cultura, e alla Parola (con la "p" maiuscola) della Fede. La preoccupa questo passaggio dalla parola all'immagine?
Sono preoccupato per le derive culturali, perché il libro rimane fondamentale, molto prezioso, quindi bisogna prenderlo in mano. Non sono tanto preoccupato per il fatto che la Parola (con la maiuscola) passi anche attraverso i vari media. Quindi, come dice Platone, la parola è soprattutto parlata, è detta, ma questo non toglie che i libri abbiano grande valore.

Wikipedia: un'enciclopedia online scritta dai lettori, ed è una cosa molto bella che le persone possano radunarsi in uno sforzo culturale universale. Allo stesso tempo, però, c'è spesso un rifiuto delle autorità, dell'esperienza. Quanto di utile come democrazia di comunicazione diventa pericoloso se si rinnega l'autorità nell'apprendimento?
Io uso spesso Wikipedia perché mi aggiorno cercando di usare il computer, per cui vedo piuttosto il lato positivo. Si capisce che si può usare male di questo fatto e quindi creare una democrazia che non sia uguaglianza di tutti ma sia attitudine negativa verso alcuni; però gli usi sbagliati, sempre possibili, non tolgono importanza agli usi buoni.

Le nuove tecnologie sono indispensabili nei paesi in via di sviluppo. In Africa Internet è servita agli ospedali con pochi medici e alle scuole con pochi maestri per diffondere conoscenza. Come possono essere usati i nuovi media nelle zone meno sviluppate?
Mi pare che nel mondo, soprattutto nell'Africa, siano molto preziosi questi media perché mettono le persone anche molto isolate in comunicazione con un mondo più vasto. Quindi ritengo che è una benedizione di Dio, di cui si può usare male ma le realtà che vanno diffuse sono molto importanti e molto belle.

Il Novecento è stato un secolo di mass media. Il XXI secolo sembra un secolo di personal media: ognuno si crea la sua informazione, cerca quel che vuole online. Per voi uomini di Chiesa che sfida è questa?
Credo che la sfida consista nel trovare un equilibrio tra la comunione di molti e il valore personale di ciascuno. Mi pare che la deriva a favore della persona possa essere eccessiva, ma se è equilibrata con una comunione allora diventa una possibilità nuova per l'uomo.

  CONTINUA ...»

26 marzo 2010
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