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Attenti al populismo telematico

di Miguel Gotor

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27 agosto 2009

È di qualche giorno fa la notizia che l'enciclopedia online Wikipedia, lanciata su internet il 15 gennaio 2001, dopo anni di crescita esponenziale delle diverse voci che la compongono, ha subito per la prima volta una battuta d'arresto.
Subito si è rinfocolato il dibattito tra i "wiki-detrattori" e i "wiki-entusiasti". La posizione dei primi è facilmente intuibile in quanto criticano l'attendibilità delle notizie presenti nell'enciclopedia telematica, affidate alla partecipazione anonima e volontaria degli utenti.
Tra i secondi si può annoverare lo storico inglese Donald Sassoon, che di recente si è unito al coro di quanti cantano il De profundis per l'enciclopedia cartacea tradizionale e ha esaltato i vantaggi del nuovo strumento tecnologico: da un lato la gratuità e la comodità di fruizione e dall'altro - forse con un eccesso d'ottimismo occidentalista - la possibilità di «portare Dante Alighieri nello Zimbabwe», all'apparenza dimentico che oggi l'83% di quella popolazione vive con meno di due dollari al giorno (si veda lo Human Development Report 2007-2008).
Al di là delle polemiche, bisogna confrontarsi con la realtà senza indulgere in inutili demonizzazioni o facili entusiasmi: la stragrande maggioranza degli studiosi usa Wikipedia, sovente senza ammetterlo, allo scopo di verificare un dato mancante o di assumere un quadro informativo essenziale su una questione.

Così fanno anche i funzionari e i politici quando scrivono i loro dossier, i giornalisti quando redigono un articolo e in generale i milioni di utenti di internet sparsi per il mondo sviluppato. Senza dimenticare gli studenti di ogni ordine e grado che molto spesso usano il "copia e incolla" dall'enciclopedia online e, più in generale, da internet, avendo persino perduto la consapevolezza del plagio compiuto. E, quando sono messi davanti alla loro responsabilità, rispondono candidamente piccati di averlo letto su Wikipedia, il nuovo "Vangelo apocrifo" della generazione telematica di inizio millennio.

Inoltre, i dati relativi all'uso della nuova enciclopedia virtuale indicano un successo crescente: attualmente Wikipedia è edita in 267 idiomi diversi nel mondo e, in solo otto anni di attività, la versione inglese ha raggiunto quasi tre milioni di voci. L'altro dato di fatto con cui confrontarsi è che un tale risultato editoriale ha provocato la crisi delle principali enciclopedie cartacee tradizionali come la francese Larousse, la tedesca Brockhaus, l'italiana Treccani e l'inglese Britannica, che hanno ridotto le loro vendite per l'impossibilità di confrontarsi sul piano squisitamente commerciale con Wikipedia, un prodotto gratuito, d'immediato accesso e aggiornamento.
L'affermazione della "Free encyclopedia" ha varie ragioni che sembrano dipendere solo in parte dalla qualità del prodotto. Fra tutte, il ruolo decisivo è svolto dal misterioso algoritmo che regola l'attività del motore di ricerca Google: ogni qual volta viene interrogato, fornisce come primo risultato la corrispondente voce di Wikipedia, che occhieggia invitante dallo schermo del computer. Provare per credere.

La filosofia di Wikipedia si basa su due principi basilari e un equivoco di fondo: il primo è l'affermazione del neutral point of view, in cui neutro non è sinonimo di obiettivo, ma di consensuale. Se lo scopo è quello di fare prevalere l'informazione sulla propaganda, sull'ideologia, sulla pubblicità, sull'interesse economico o di fazione, la maniera migliore per riuscirvi non è quella di sviluppare un giudizio critico, ma di esporre nel modo più asettico possibile le diverse opinioni sul tema. Il secondo principio è la rinuncia esplicita a ricerche originali e teorie nuove che non siano dunque già state pubblicate e autorizzate da altri.
L'equivoco non sta nella pretesa da parte di Wikipedia di considerarsi un'enciclopedia, ma di essere giudicata tale dai suoi fruitori che accolgono un'erronea e fuorviante sovrapposizione tra informazione e conoscenza. La prima è un dato, la seconda un processo che implica il concetto di responsabilizzazione autoriale, di validazione delle notizie e di verificabilità del percorso effettuato.

Wikipedia, invece, rivendica con orgoglio di non compiere alcuna verifica editoriale delle informazioni che riceve e poi inserisce in rete. Al contrario, una delle funzioni principali svolte dall'enciclopedismo nella storia è stata proprio quella di definire il perimentro della conoscenza, distinguendo il superfluo dall'essenziale, che perciò è meritevole di essere classificato e ricordato. In questo modo l'enciclopedia fissa delle gerarchie e istituisce delle proporzioni qualitative tra i saperi che in Wikipedia scompaiono a vantaggio di un principio di auto-organizzazione meramente quantitativo.
A ben guardare, il progetto di una struttura cumulativa-compulsiva è contrario alla filosofia dell'enciclopedia in modo programmatico, così come l'idea di neutralità e di assenza di ricerche originali. In effetti, la conoscenza non è solo un sistema di dati più o meno oggettivi (una data di nascita, la profondità di un lago, il nome del vincitore di una gara) ma la costruzione di un processo di saperi plurali espressi attraverso la formulazione di giudizi critici, preferibilmente fondati su ricerche originali, in cui l'imparzialità è un obiettivo a cui tendere, ma non certo un presupposto.

  CONTINUA ...»

27 agosto 2009
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