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Infine le elezioni. È difficile ricordare un dibattito peggiore, che l'assenza perfino dei nostri, troppo vocianti, talk show ha impoverito. Nei sondaggi che la Ipsos di Nando Pagnoncelli ha condotto per noi del Sole i bisogni del paese sono emersi con vigore, economia, industria, lavoro, scuola, sanità, ricerca. Nulla delle acrobazie da Circo Barnum che assillano le polemiche tra galoppini. Le elezioni regionali, in un paese che discute di federalismo, sono cruciali: ma dei temi seri nessuno ha parlato, perduti in una cacofonia che nasconde forse solo mancanza di idee, strategie e prospettive.
Sarà possibile, al di là del Totocalcio dei pronostici che lunedì sarà chiarito dai risultati, varare nei 24 mesi che ci separano dalla fine legislatura (l'ultimo anno sarà inevitabilmente già campagna elettorale, dentro e fuori le due coalizioni) il programma di riforme, istituzionali, economiche e sociali, indispensabile all'Italia del futuro, non a quella così opaca di oggi? Vogliamo sperarlo, ma se giudicassimo da quanto abbiam sentito in questi giorni dispereremmo. Come Washington, Mosca, Parigi e Berlino anche le nostre città hanno bisogno di futuro. I titoli sembrano parlare di ieri, la gente vive, sogna e si angoscia per il domani.
Un vecchio adagio militare recita che durante la battaglia di Marengo, 210 anni fa, «il barone Melas, comandante delle truppe austriache, fosse pronto a tutto, a tutto tranne che alla realtà». Vero: riuscì quasi a vincere e alla tre del pomeriggio, persuaso di aver battuto quei pestiferi francesi tornò nelle retrovie. Napoleone, convinto a sua volta di aver perso, richiamò il leggendario generale Desaix, che chiese l'ora e disse sereno «Questa battaglia è perduta, ma facciamo in tempo a vincerne un'altra». La vittoria andò a chi leggeva nel futuro, non si assopiva nel passato. Lezione che vale anche per noi, rileggendo in controluce le prime pagine di questi giorni.
gianni.riotta@ilsole24ore.com
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