Il Sole 24 Ore
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29 marzo 2010


STORIE / Ente e inutile? Sì ma solo per due mesi

di Antonello Cherchi

Non c'è riuscita neanche la spada di Alberto da Giussano. Roberto Calderoli, ministro leghista della Semplificazione, avrebbe voluto brandirla e con un colpo secco fare fuori tutti gli enti inutili, così da riuscire dove molti altri prima di lui avevano miseramente fallito. E invece niente. I proclami di potatura del sottobosco amministrativo si sono fatti sempre meno roboanti e Calderoli, con mossa astuta, si è sfilato da quella che rischiava di essere la sua Waterloo.

E ora che dopo l'ultimo intervento normativo, avvenuto con il milleproroghe di fine 2009 (convertito in legge al termine di febbraio) si possono tirare le somme, il risultato è piuttosto desolante, anche se scontato: tutti gli enti, anche quelli che sembravano a un passo dalla ghigliottina, si sono riorganizzati e, dunque, salvati. Ma ciò che è ancora più sconcertante è che in questi ultimi due anni – da quando l'ultima operazione taglia-enti è stata avviata dalla Finanziaria per il 2008 – non si è arrivati a capire quanti e quali siano gli organismi di cui si può tranquillamente fare a meno. Ragion per cui anche la regola del "taglio per sottrazione" – chi non si è riorganizzato, automaticamente scompare – non si può applicare, perché non esiste alcun elenco su cui fare la cernita.

Tutto come prima, dunque. Sopravvivono l'Unione italiana tiro a segno, l'Unione nazionale ufficiali in congedo, l'Unione accademica nazionale, la fondazione "Il Vittoriale degli italiani" – la prima struttura a essersi riformata e una delle poche che ha scelto la strada della privatizzazione insieme all'Istituto opere laiche palatine pugliesi e all'Istituto di beneficenza «Vittorio Emanuele III» –, l'Opera nazionale per i figli degli aviatori. Per citare solo gli enti che il governo Prodi aveva inserito nell'elenco allegato alla Finanziaria per il 2008 (la legge 244/2007) e che sembrava fossero i primi a dover capitolare. E, invece, si sono riorganizzati e hanno scampato il pericolo. Insieme a loro un'altra quarantina di organismi che attraverso la riduzione delle spese, ottenuta soprattutto con la potatura dei componenti del consiglio di amministrazione e di collegi vari, hanno ottenuto il salvacondotto.

A dire il vero, un organismo è stato soppresso: è l'Ente irriguo umbro-toscano (Eiut), anch'esso inserito nell'elenco della Finanziaria. Ma è stato tagliato solo formalmente: in realtà continua a vivere e il milleproroghe gli ha concesso di rimanere sulla scena fino a novembre 2011. È strano, ma è così. Una contraddizione frutto del sovrapporsi di norme, di attendismo politico, di disattenzione del legislatore, di veti incrociati. Così come quello umbro-toscano, anche l'Ente irriguo della Puglia (Eipli) è stato graziato dal milleproroghe e ha ottenuto una dilazione dei tempi: potrà riorganizzarsi (o scomparire) entro il 31 dicembre di quest'anno. E anch'esso si trovava nell'elenco della Finanziaria.

La storia dell'Eiut è emblematica di come sia andata l'ultima operazione di taglio dei presunti orpelli amministrativi. I natali dell'ente risalgono al 1961: vede la luce come ente di bonifica "a tempo", perché la legge istitutiva già ne prevedeva la fine: dopo 30 anni, il 6 novembre 1991, sarebbe infatti dovuto scomparire. Nel frattempo, l'ente costruisce infrastrutture, gestisce dighe (attualmente sono tre, insieme a due centrali idroelettriche), si occupa della rete di trasporto dell'acqua.

A ridosso del 1991, quando l'ente dovrebbe scomparire, si inizia a delineare una sua trasformazione in spa. Per portare a termine il progetto vengono accordati altri dieci anni. Il progetto acquista ancora più vigore nel 1998, quando, sulla scia delle leggi Bassanini, si pensa di farlo diventare una spa pubblica e per accompagnare la transizione il ministro dell'Agricoltura decide di non rinnovare il cda e di nominare un commissario.

Arrivati al 2001, però, ancora non è successo niente. Si decide, pertanto, di concedere un altro anno di vita, a condizione che entro novembre 2002 l'ente indossi il nuovo vestito. Ma continua a non accadere niente, se non che nel 2002 arriva un altro commissario (tuttora in carica). E così, di anno in anno il legislatore concede nuova vita all'ente umbro-toscano, finché nel 2007 non si affaccia una nuova ipotesi: trasformarlo da ente pubblico non economico in ente pubblico economico.

«Il bilancio – spiega il direttore generale, Diego Zurli – consentiva quel passaggio: i conti di parte corrente erano, infatti, in equilibrio fin dal 2004 e la spesa era già coperta per circa il 97% da entrate proprie. Inoltre, il personale era stato più che dimezzato, perché da un organico di 50 addetti si era scesi a 21».

Nei primi mesi del 2007, però, la riorganizzazione è ancora al palo e così a luglio arriva l'ennesima proroga di un anno. A dicembre, però, irrompe la Finanziaria, che inserisce l'ente umbro-toscano nell'elenco di quelli a rischio: o ci si riforma entro giugno 2008 o si va a casa. A quel punto la riforma diventa ancora più impellente. «Francamente non so dire – aggiunge Zurli, all'ente dal '97 – con quale criterio sia stata compilata la lista della Finanziaria. Per carità, il Parlamento poteva benissimo pensare che noi, come altri organismi, fossimo inutili e, dunque, eliminarci. Il problema, almeno nel nostro caso, era però pensare a come sostituirci, visto che esercitiamo un servizio pubblico essenziale e non possiamo farci da parte senza un sostituto».

Nel 2008 cambia il Governo, che annuncia nuovo vigore nel taglio dei rami secchi. Due mesi dopo il passaggio di testimone, il decreto legge 112 cancella quanto previsto dalla Finanziaria e disegna la strategia del nuovo esecutivo. La potatura avverrà in due fasi: la prima, da ultimare entro fine novembre, riguarderà gli enti pubblici non economici con un organico inferiore alle 50 unità; tutti gli altri, invece avranno tempo fino al 31 marzo 2009. La regola rimane la stessa: chi non si riorganizza, cessa di esistere.

Le scadenze originarie, però, subiscono varie proroghe, che fanno slittare il termine ultimo al 31 ottobre 2009: chi a quella data non si presenta in consiglio dei ministri con il regolamento di riordino, può tranquillamente fare le valigie. Nel frattempo, l'Eiut ha ottenuto un ulteriore anno di vita: il fine corsa viene spostato al 6 novembre 2009.

L'ente umbro-toscano dorme, dunque, sonni tranquilli, anche perché il suo processo di trasformazione è iniziato da anni e ormai i tempi sono maturi per mettere nero su bianco. Tant'è che il 28 ottobre 2009, ultimo consiglio dei ministri utile, il ministero dell'Agricoltura si presenta con l'atto che trasforma l'Eiut in ente pubblico economico, con un cda di tre componenti: uno di nomina statale e gli altri due indicati dalle regioni Toscana e Umbria. È uno dei tanti documenti di riforma che quel giorno arrivano sul tavolo di Palazzo Chigi: nessuno vuole perdere l'ultimo treno e molti si presentano solo con la copertina del regolamento. I piani di riordino passano tutti, tranne quello dell'ente irriguo.

Durante la riunione, i tecnici della presidenza del consiglio, infatti, fanno cadere sul tavolo la domanda: come si fa a riformare un ente che il 6 novembre non esisterà più? Non è possibile. O almeno, per farlo non basta un regolamento, ma occorre una legge. Nella concitazione del momento, c'è chi propone di ricorrere all'ennesimo decreto legge che azzeri l'intera operazione taglia-enti o che quanto meno contenga una norma ad hoc per l'ente irriguo. Calderoli si dimostra, però, irremovibile. E il regolamento dell'Eiut non passa. Per il ministro della Semplificazione è il primo (e unico) organismo a chiudere i battenti per effetto della campagna di potatura. Come se non bastasse, l'Eiut muore due volte. Il 6 novembre, infatti, non intervenendo più alcuna proroga, diventa efficace la previsione della legge del 1961, anche se i 30 anni di vita concessi alla struttura al momento della sua nascita sono intanto diventati quasi 50.

Ma se l'ente non c'è più, chi deve assicurare il controllo delle dighe e la distribuzione dell'acqua? Non è l'unico dilemma: l'Eiut è scomparso perché tagliato o perché arrivato a fine corsa? Nel primo caso, infatti, le competenze passano al ministero vigilante, cioè l'Agricoltura. Nell'altra ipotesi, ci si affaccia sul vuoto. Insomma, un bel pasticcio. Iniziano così le trattative tra le due regioni competenti, i vertici dell'ente e i ministeri interessati.

Il 20 novembre arriva un decreto ministeriale che assegna al commissario le funzioni di liquidare l'ente. Ma come liquidarlo, se di fatto non esiste più? Si cerca la soluzione normativa con la Finanziaria, ma non ci si riesce. Si opta, dunque, per il milleproroghe: per liquidare l'Eiut ci sarà tempo fino a novembre 2011. Per evitare vuoti legislativi si conferisce alla norma effetto retroattivo a partire dal 6 novembre 2009.

Nel giro di due mesi l'Eiut è, dunque, morto e rinato. E ora continua a svogere l'attività di sempre, in attesa che la riorganizzazione iniziata venti anni fa, fra due anni veda finalmente la luce. A quel punto, nessuno potrà più dire che è inutile. Come già accade per tutti gli altri enti..
Sforbiciata al Cda per evitare la scomparsa

29 marzo 2010

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