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MONDO DEL CREDITO / Banche? Riforme da gattopardi

di Donato Masciandaro

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29 ottobre 2009

La saga delle proposte di riforma delle regole finanziarie si è arricchita di due nuovi capitoli, la banca spezzatino e il testamento bancario. Le due idee sembrano suggestive: per evitare il ripetersi di una crisi sistemica, occorre evitare che le grandi banche siano impegnate in attività rischiose. Oppure: sempre le grandi banche dovrebbero fornire dettagliati piani di smobilizzo delle proprie attività, da attuare in presenza di gravi tensioni finanziarie.
Le due proposte sono invece semplicemente velleitarie; al massimo, potrà essere funzionale a perpetuare l'attuale statu quo, che può piacere proprio alle grandi banche, ai banchieri centrali e ai politici.

Nei giorni scorsi, due autorevoli banchieri centrali hanno avanzato una proposta di riforma delle regole finanziarie che ha suscitato notevole attenzione nei media. Il governatore della Banca d'Inghilterra, Mervyn King, e l'ex governatore della Fed, Paul Volcker, hanno affermato che, per ridurre le probabilità che il rischio di una crisi finanziaria sistemica si ripresenti, si potrebbe evitare che le grandi banche siano impegnate in attività diverse da quelle della raccolta del risparmio e dell'erogazione di credito.

L'idea è all'apparenza semplice: dopo l'ondata di salvataggi bancari messa in atto negli ultimi anni, si rafforza il rischio che le grandi banche si sentano "too important to fall", cioè troppo importanti per essere lasciate fallire (Titf). Tanto più il banchiere si sente Titf, tanto più potrebbe aumentare la sua propensione ad assumere rischi eccessivi, finendo per essere davvero Titf, divenendo origine o catalizzatore di una nuova crisi finanziaria.

Per evitare tutto ciò, la grande banca non deve poter assumere rischi eccessivi; quindi va tenuta lontana da tutte quelle attività diverse da quella definita di "pubblica utilità": indirizzare il risparmio verso gli investimenti produttivi.

Purtroppo il ragionamento è fallace. Come ben ricordato sul Sole 24 Ore di ieri da Luigi Zingales, proprio gli ultimi due anni ci hanno dimostrato che non occorre essere una grande banca per divenire Tift. I casi di salvataggi fatti – Bear Stearns – o mancati – Lehman Brothers – hanno mostrato come l'incertezza che fa da detonatore a una crisi prescinde dalla dimensione degli intermediari coinvolti, ed è invece legata al quadro complessivo di regole e di rapporti in cui le banche e le autorità si muovono. La crisi è figlia di una complessiva non regolazione di mercati, strumenti e intermediari, e la riforma delle regole non può certo basarsi su illusorie muraglie cinesi.

Infatti un'applicazione credibile del principio della banca spezzatino implicherebbe un sistema finanziario mondiale in cui la banca commerciale non può avere alcun tipo di rapporto – diretto o mediato – con tutto ciò che non sia raccolta di depositi ed erogazione del credito. Tale ipotesi è evidentemente incredibile, nel senso letterale del termine.
Altrettanto velleitaria è la proposta del testamento bancario. Sempre negli ambienti delle banche centrali e dei regolatori sta iniziando a circolare l'idea che le grandi banche dovrebbero redigere una sorta di testamento biologico: definire cioè una mappa completa e aggiornata delle proprie attività e passività, verosimilmente arricchita da una sorta di road map, che renda prevedibile e ordinata la gestione di eventuali situazioni di illiquidità e di insolvenza. È di nuovo l'esperienza di Lehman Brothers a guidare queste riflessioni: all'indomani del suo mancato salvataggio, l'incapacità di ricostruire compiutamente e rapidamente le interconnessioni della banca d'investimento creano una situazione di caos e incertezza, i cui effetti si vedono ancora oggi.

Anche questa idea – almeno nelle versioni che oggi si leggono – è nei fatti inutile. Per quanti possono essere gli sforzi per preordinare una uscita ordinata da una situazione di crisi di una grande banca, il solo fatto che essa possa essere presente in più di un paese – con tutte le differenze in termini di regole del gioco nazionali e atteggiamenti delle autorità – rende incredibile la reale efficacia del testamento bancario.

Ma allora viene spontaneo domandarsi come mai simili proposte possano essere solo avanzate. Le spiegazioni sono almeno due. Da un lato, se mai simili disegni dovessero fare passi in avanti, i primi a trarne vantaggio sarebbero coloro che devono controllare le banche. È evidente che la proposta della banca spezzatino non azzererebbe i rischi per la stabilità, ma verosimilmente, almeno nel breve periodo, ridurrebbe la possibilità per le banche commerciali di mettersi nei guai. Lo stesso discorso può essere fatto per quello "spezzatino programmato" che è l'ipotesi di testamento bancario.

Il lavoro dei vigilanti sarebbe più facile. Il fatto poi che la creazione di muraglie cinesi – preventive o successive - possa anche causare forti inefficienze nei servizi che le banche offrono alle famiglie e alle imprese non ha mai impressionato più di tanto i controllori. Tutto sommato, nessuno premia i vigilanti se le banche sono efficienti, mentre tutti – a partire dai politici – chiedono la loro testa se una banca fallisce, o peggio ancora se si sviluppa una crisi sistemica.
  CONTINUA ...»

29 ottobre 2009
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