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CRISI E RISPARMIO / Passata la paura questo bond fa per me

di Stefano Elli

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30 ottobre 2009

Come hanno reagito i piccoli risparmiatori alla grande crisi finanziaria scoppiata nel settembre del 2008? Come sono riusciti a proteggere i loro patrimoni, destreggiandosi tra scivoloni di Borsa, rovesci bancari e interessi in continua discesa? Il Sole 24 Ore ha raccolto quattro microstorie di risparmiatori italiani, con altrettanti approcci diversi all'investimento. Patrimoni da un minimo di 150mila a un massimo di 800mila euro, la cui gestione è stata accomunata dalla fiducia nei corporate bond bancari più semplici. Il primo passo è stato quello di capire che nessun governo si sarebbe permesso di lasciare il sistema a combattere senza aiuti: da qui la convinzione che la strada da percorrere sarebbe stata quella.
Quattro microstorie di risparmiatori con quattro approcci diversi all'investimento. Quattro strategie distinte per altrettante propensioni al rischio. Come hanno reagito gli investitori alla grande crisi del settembre 2008 e, ancor prima, con lo scoppio della bolla subprime? Con quali mosse e con quali successi hanno protetto i rispettivi patrimoni dai ripetuti scivoloni di Borsa? Una risposta che accomuna molti è la fiducia nei corporate bond bancari più semplici. Una volta compreso che nessun governo avrebbe avuto intenzione di lasciare il sistema a combattere senza aiuti, si è capito che la strada da percorrere sarebbe stata quella. L'informatico deluso

G.S. 48 anni
Consulente informatico
MILANO
Un patrimonio da 800mila euro, tre gestioni patrimoniali cambiate in dieci anni e una pressoché totale sfiducia nei professionisti del settore che argomenta così: «Non ho mai capito perché, ma quando il mercato cresceva tantissimo io guadagnavo poco. In compenso quando il mercato perdeva tanto io perdevo molto di più. L'unica cosa certa erano le commissioni, che erano alte comunque, sia che il mercato crescesse sia che calasse».
E allora? «E allora li ho mandati a quel paese. Anche perché quando io, nel 2008, spingevo con i consulenti delle gestioni per uscire dall'azionario, in particolare dai mercati di Cina e India verso cui ero fortemente esposto, ho ricevuto fior di rassicurazioni: "Ma no, non lo faccia, i nostri analisti ci hanno assicurato che si tratta di una semplice correzione". E ho fatto male ad ascoltarli. Ho maturato una convinzione: meglio un genuino sportellista a stipendio fisso che un presunto genio della finanza a provvigione. Poi, alla fine, ho verificato con mano che nessuno ha la bacchetta magica».

Com'è andata a finire? «È andata che ho deciso di studiarmi i prodotti più semplici, quelli più trasparenti, lineari, senza complicate impalcature e strutturazioni o misteriosi sottostanti, senza capitali garantiti o protetti, senza stop losses e zero coupons e il resto investito in derivati. Ho scelto la strada delle obbligazioni corporate del settore bancario. Semplici e lineari da capire nei meccanismi. Una volta appurato che i governi non avevano intenzione di affondare un intero sistema mandando a picco le banche, allora ci siamo trovati con bond a buon mercato di istituti che non sarebbero falliti. A meno di un cataclisma di portata tale per cui i miei investimenti sarebbero comunque andati in fumo. Dunque, bond. Ora sono soddisfatto».

Il «pro» che fa da sé
N.S. 29 anni
Promotore
BERGAMO
Un approccio agli investimenti aggressivo ma anche "laico" quello del 29enne bergamasco, professionista del settore che per se stesso e per il suo patrimonio personale da 150mila euro sceglie di operare al di fuori dei canali d'investimento proposti da banche e società di gestione del risparmio.
«Laico nel senso che non mi sento vincolato a regole ferree o a modalità di comportamento predeterminate». E forse è stata proprio questa attitudine mentale a evitargli lo scrollone di Borsa successivo al 15 settembre 2008, data dell'implosione di Lehman Brothers. Un bilancio positivo, tutto sommato che, in quest'anno di passione generalizzata per gli investimenti, gli ha consentito di appostare nel proprio bilancio individuale una perdita tutto sommato accettabile, del 25 per cento.

«Il mio giardinetto all'inizio dell'anno era composto da Sicav, azioni e obbligazioni. Ma definirlo un portafoglio bilanciato sarebbe una stupidaggine. Era allocato all'80% sull'azionario. Anche le Sicav erano di quelle aggressive, orientate su paesi emergenti, materie prime, o su settori circoscritti come l'energia eolica. Ma ho avuto la fortuna di liquidare le quote azionarie sul mercato prima del crollo di Lehman, dunque, mi sono risparmiato il peggio».
Ma chi o che cosa gli ha consigliato di liquidare le posizioni? «Nessuno mi ha suggerito nulla. Né ho atteso che le emorragie in Borsa giungessero a livelli preoccupanti: parliamo, per intenderci, delle perdite nell'ordine del 7/8% che si sono verificate giorno dopo giorno nelle fasi più acute della crisi. Diciamo che mi sono allarmato nell'estate precedente a quel settembre "nero". Quando a cinque sedute in perdita dell'1/1,5%, si alternavano timidi rimbalzi. Una situazione che si è prolungata per circa un mese e che ho interpretato, credo senza sbagliare, come un tentativo da parte degli investitori istituzionali di manipolare il mercato con interventi di arbitraggio e di ricoperture marginali. Allora mi sono deciso e ho venduto tutto. In perdita, certo, ma non catastrofica».

  CONTINUA ...»

30 ottobre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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