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Le aziende assediate attendono i rinforzi

di Guido Gentili

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30 settembre 2009

L'equazione del premio Nobel americano James J. Heckman è bella a vedersi, è giusta in termini sociali, è produttiva tra molti anni. Sull'Osservatore Romano ieri è stata tradotta così: «Investimento nelle risorse educative delle famiglie più sostegno allo sviluppo delle competenze cognitive e socio- emotive dei bambini a partire dalle fasi precoci uguale guadagno a lungo termine perché consente di avere cittadini più capaci e che creano sviluppo economico e sociale ».
Con l'equazione di Heckman siamo a un perfetto e virtuoso dopodomani.

Lo scudo fiscale del governo Berlusconi ci riporta a un oggi ruvido e incerto. Uno strumento che serve a far rimpatriare i capitali illegalmente detenuti all'estero è sempre brutto a vedersi e lascia, col suo inevitabile carico di iniquità,l'amaro in bocca ai cittadini- contribuenti che hanno regolarmente pagato le tasse in Italia. Però lo scudo (l'Agenzia delle Entrate ha spiegato che sono 300 i miliardi rimpatriabili) è molto produttivo subito in termini di gettito, è coerente con il quadro di lotta internazionale ai "paradisi fiscali", può essere utilizzato dalle piccole e medie aziende in chiave anticrisi. E poi, se verranno rispettati gli impegni, le maggiori entrate che confluiranno nell'apposito fondo creato a Palazzo Chigi andranno a università, scuola e ricerca, cinque per mille ed altri voci sul lavoro, sulle imprese e di " rilievo sociale" a partire dal Sud. Insomma, miliardi prontocassa che ben utilizzati consentirebbero di affrontare meglio questa fase di passaggio in cui la coda velenosa della crisi si dimena ancora forte (lo dimostrano i dati sull'occupazione) e lascia solo intravvedere una ripresa che per l'Italia,già gravata da un quindicennio di bassa crescita, s'annuncia lenta e ricolma d'incognite, come ancora ieri spiegato dal Centro studi Confindustria.

Il "diario d'autunno" online degli imprenditori cui Il Sole 24 Ore sta dando voce è uno spaccato di vita reale in azienda a trazione capitalistico- familiare, dove vittorie e sconfitte, certezze e domande, si sommano e si confondono tra loro. Ma valgono per tutti: il capitano d'impresa e la sua famiglia, i dipendenti e le loro famiglie. E, un passo dietro di loro,l'interconnesso mini- esercito che il Censis definisce del "para-lavoro": occupati a termine, collaboratori a progetto, collaboratori occasionali, semiprofessionisti, titolari di partita Iva.

Tutti insieme sulla stessa barca, i piccoli produttori, per fare i conti con la crisi, tagliando costi, prezzi, linee di produzione e ( come ultima scelta) personale. Tutti insieme per capire come uscirne al più presto, ritagliandosi un nuovo spazio di crescita e di speranza.

Non c'è rassegnazione. La voglia d'intrapresa e d'affermazione resta fortissima: non è un caso che il manifatturiero italiano sia secondo, in Europa, alla sola Germania, e non è un caso che 4 milioni e 328 mila imprenditori al timone di aziende con meno di 20 addetti occupino circa 10 milioni di lavoratori, cioè il 52% del totale degli addetti nelle imprese.

Chiedono ad alta voce, a volte con toni sopra le righe da "vogliamo tutto e subito", meno burocrazia, meno tasse, più credito, più protezione contro i paesi che hanno fatto del dumping sociale e ambientale una delle loro carte vincenti nel mondo. Vogliono che i banchieri, invece di trincerarsi dietro qualche numero per poi dire un "no" o un "ni", li guardino negli occhi discutendo la loro situazione e i loro progetti. In questo, sono in buona compagnia: il presidente della Bce Jean-Claude Trichet ha appena spiegato che la ripresa nei prestiti alle imprese è in ritardo e che le banche devono finanziare l'economia reale e in particolare le piccole e medie aziende. Vogliono, infine, che il governo (al quale hanno assegnato nel 2008 una fiducia elettorale larghissima) non perda una sola ora nell'attivare tutte le procedure perché agli impegni presi seguano i fatti. «Bisogna agire in fretta», ha detto a Napoli Giulio Tremonti. Vero: a questo punto il fattore tempo diventa decisivo. Dappertutto. Nessuno verrà lasciato indietro, assicura il governo? Bene, facciamo un caso concreto: occorre stringere al massimo i tempi di erogazione della cassa integrazione in deroga, perché 3 o 5 mesi sono tempi troppo lunghi. E "people first" significa anche questo nella realtà quotidiana.

Il ministro Tremonti ha il merito di aver cancellato la sarabanda d'autunno della legge finanziaria e di aver derubricato dall'agenda europea il "caso Italia". Quella appena presentata è una non-manovra senza tagli di spesa né tasse, che alla voce scudo fiscale ha posto il simbolico apporto di un euro. Vedremo quanti miliardi entreranno nelle casse dello stato, ma find'ora è certo che una partita decisiva si giocherà nella "cabina di regìa" di Palazzo Chigi, chiamata anche a concentrare su poche ed essenziali opere le risorse europee - circa 100 miliardi per il periodo 2007-2014 - assegnate al Mezzogiorno. Alle spalle, non dimentichiamolo, abbiamo un vero e proprio disastro fatto di innumerevoli microspese che hanno fatto lievitare le rendite personali più che l'economia meridionale.

  CONTINUA ...»

30 settembre 2009
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