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Ma c'è un limite anche a questo e se potremo contare sempre meno sui bilanci pubblici, altre risorse finanziarie devono comunque affluire sull'economia, altrimenti l'economia muore (tutto si può fare, ma non il capitalismo senza capitale). E qui, in parte ciascuno per sé, ma in parte necessariamente maggiore a livello europeo, il compito ineludibile e urgente è quello di convogliare risorse private che ci sono, e che altrimenti corrono tutte sui mercati asiatici, verso investimenti pubblici e privati che stimolino la produzione europea di beni e servizi.
Dobbiamo al lavoro di cui sono stati parti attive il nostro ministero dell'Economia e la Cassa depositi e prestiti italiana la nascita del Fondo europeo Margherita, che investirà in ambiente ed energia. Ma molto di più deve essere fatto, orientando investimenti proprio verso i paesi più deboli, che sono quelli in cui lo smaltimento del debito pubblico ha più bisogno di crescita. E da questo orecchio la Germania non ci sente, presa dalla sindrome del ricco parsimonioso che non vuole spendere un soldo per chi parsimonioso non ha saputo essere.
Vorrei che Angela Merkel leggesse il bel libretto di Stefano Zamagni su L'Avarizia (il Mulino 2009), dal quale si apprende che il confine fra parsimonia e avarizia, fra virtù e vizio, è molto sottile. L'Europa non può morire per una Germania che s'illudesse di sopravvivere sola con la sua virtù in una eurozona carica di macerie. Wolfgang Schäuble, ministro tedesco dell'Economia, lo ha capito e ha fatto sua la proposta degli eurobond. L'ha condita con molta severità verso i non virtuosi, ma è un passo sulla strada giusta. E in Italia quali passi si fanno? C'è questo tema fra le riforme prioritarie interne di cui si parla in questi giorni? Temo che qui l'ascoltatrice di Folli trovi ben poco per calmare la sua angoscia.