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Scommetto sugli economisti

di Mario Margiocco

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4 novembre 2009

Sull'economia mondiale si è abbattuta una bufera da novemila miliardi di dollari se si calcolano le risorse straordinarie mobilitate dai paesi del G-20, o da 45mila miliardi se si calcolano le perdite subite da stati, imprese e famiglie, ma la scienza economica non sembra averne tratto grandi conseguenze. Per aiutare qualche cambiamento, una lettura diversa di come funziona l'economia, il finanziere ungherese-americano George Soros ha appena lanciato una nuova iniziativa. Si chiama Inet, Institute for new economic thinking: con una dotazione iniziale di 50 milioni di dollari finanzierà economisti, il lavoro di gruppi e dipartimenti ritenuto interessante, una rivista, e altre iniziative.

«Gli esperti hanno fallito, occorre ricreare la fiducia del pubblico nelle teorie economiche e nella lettura che gli economisti danno della storia», dice Robert C. Johnson, un economista che è stato ai vertici di Bankers Trust, una delle maggiori banche americane, già direttore esecutivo del fondo di investimento di Soros, capo economista della Commissione bancaria del Senato americano, e attualmente dirige la Economic policy iniziative del Roosevelt Institute. «Partiamo con 5 milioni all'anno per dieci anni; ci sono già contatti che ci fanno sperare nella possibilità di triplicare o anche quadruplicare la cifra. Ora siamo in grado di finanziare dalle 25 alle 50 ricerche all'anno, cifra che speriamo di poter quadruplicare», spiega Johnson.

Nel comitato direttivo ci sono una ventina di economisti, a partire da quattro premi Nobel: George Akerlof, sir James Mirrlees, A. Michael Spence e Joseph Stiglitz; e inoltre Willem Buiter della London School of Economics, Markus K. Brunnermeier, Robert Dugger, Duncan Foley; Thomas Ferguson, Roman Frydman della New York University, Ian Goldin, Charles Goodhart, Anatole Kaletsky, John Kay, Axel Leijonhufvud dell'università di Trento, Perry Mehrling, Y.V. Reddy, Ken Rogoff di Harvard, Jeffrey Sachs di Columbia, John Shattuck, il cinese Yu Yongding e il canadese William R. White, il leggendario ex capo economista della Banca dei regolamenti di Basilea. Per cinque anni White mise in guardia sulle nubi che si stavano addensando, fu protagonista di scontri con i grandi dell'economia di allora a partire da Alan Greenspan, non riuscì a prevalere, ma salvò la Bri dalla brutta figura di non avere capito molto fino a 2007 inoltrato, sorte toccata invece ad altre autorevoli sigle internazionali come il Fondo monetario e l'Ocse.

Inet farà la sua prima uscita pubblica ad aprile con un convegno internazionale al King's College di Cambridge, in Gran Bretagna. «A quel punto avremo già assegnato diversi finanziamenti alla ricerca, avremo avviato la pubblicazione di una rivista economica aperta soprattutto a quanti in questi anni sono stati tenuti ai margini dall'ortodossia economica imperante», dice Johnson. I settori saranno storia economica, econometria, rapporti tra economia e istituzioni, psicologia del comportamento economico. «Occorre aprire l'orizzonte e andare oltre i paradigmi dettati dalla teoria dei mercati efficienti e dell'ipotesi delle aspettative razionali. Ci sono altre ipotesi, a lungo emarginate».
I fondi di ricerca, da 100 o 200mila dollari, saranno dati a selezionati economisti accademici, a economisti del settore privato o pubblico, a centri di ricerca, dipartimenti, a esponenti di altre discipline che lavorino ad aspetti utili al progresso delle conoscenze economiche.

L'iniziativa di Soros è collegata alla Ceu, la Central european university lanciata dal finanziare dopo la caduta dei sistemi socialisti e con sede a Budapest e Praga. Sarà coordinata soprattutto da New York e promette di essere una ventata di novità. Le teorie neoclassiche e in particolare il nerbo rappresentato dalla Reh (Rational expectations hypothesis) hanno dominato la scena economica, di certo negli ultimi vent'anni. E influenzato i mercati finanziari, che vi trovavano presunte certezze dall'indubbio valore commerciale.

«La speranza è che questa iniziativa aiuti la professione economica ad aprirsi all'idea della conoscenza imperfetta, sia per quanto riguarda la valutazione del rischio sia per la fluttuazione dei mercati», dice Roman Frydman, del consiglio direttivo di Inet. Un lungo processo intellettuale, avviato da alcuni matematici un secolo fa, ripreso e rilanciato negli Stati Uniti fra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta e cristallizzato nella teoria dei mercati efficienti, sostiene invece la prevedibilità del comportamento dei mercati e la superiorità del mercato come utilizzatore di informazioni. «Speriamo che dal lavoro di Inet arrivi un contributo per una migliore valutazione e per un più realistico concetto dei rapporti tra stato e mercato», dice ancora Frydman.

Robert Johnson è stato protagonista il 7 ottobre di un episodio che gli ha confermato l'utilità di un'iniziativa come Inet. Fu chiamato a testimoniare di fronte alla Commissione affari finanziari della Camera che dibatteva la riforma del mercato dei derivati, nell'ambito della nuova legislazione sulle regole finanziarie avviata da molte proposte presentate a giugno dalla Casa Bianca. Qualcuno si era accorto che erano stati chiamati solo esperti delle banche, e Johnson andò in tutta fretta come portavoce di Americans for financial reform, una federazione cui fanno capo centinaia di associazioni degli Stati Uniti. Il problema è che dopo cinque minuti il deputato Melissa Bean, del partito democratico, che presiedeva la sessione in assenza del presidente Barney Frank, gli tolse la parola. Né da allora è stato possibile avere la testimonianza scritta di Johnson sul sito della Commissione, insieme alle altre. È disponibile su quello del Roosevelt Institute.
  CONTINUA ...»

4 novembre 2009
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