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I giovani, e meno giovani economisti, gli emarginati, quelli di cui pochi finora avevano sentito parlare, crescono. Rari sono stati i Nobel dati nell'ultimo quarto di secolo ai diretti avversari dei mercati efficienti, Edmund Phelps che fu il primo e premiato "per punizione" forse 30 anni più tardi, George Stiglitz, George Akerlof, e pochi altri. Ma una schiera di giovani e meno giovani sta avanzando, e capire la crisi è il loro banco di prova.
Tutti lodano da mesi ad esempio un paper di Thomas Philippon, un giovane economista francese, e Ariell Reshef perché dimostra tra l'altro con un confronto con gli anni 20 che la retribuzione dei manager finanziari corre quando c'è una megabolla. Un sito autorevole, il Baseline Scenario, lo ha proposto come "paper dell'anno".
Ma un altro studio di due ricercatori asiatici e di un tedesco-americano promette di essere ancora più utile per capire quanto è accaduto, più onnicomprensivo, e si sposa perfettamente con la linea di ricerca di Geanakoplos. In Why are we in a recession? The financial crisis is the symptom not the disease Ravi Jagannatha, Mudit Kapoor (Indian school of business) e Ernst Schaumburg (Northwestern) dimostrano come sia stato l'eccezionale afflusso di liquidità dovuto all'ingresso di centinaia di milioni di nuovi lavoratori nel sistema industriale a far saltare il banco della finanza americana. Inondata di liquidità, Wall Street ha perso la testa e pensato soprattutto alle commissioni sulle transazioni, che con i derivati ha cercato di moltiplicare all'infinito.
«Le teorie dell'equilibrio dei mercati vanno riviste, non c'è una tendenza naturale all'equilibrio», dice Geanakoplos che ha scritto recentemente un paper su The Virtues and Vices of Equilibrium and the Future of Financial Economics. «Si tratta di teorie che hanno avuto un enorme impatto e determinano il modo stesso di pensare degli economisti. Ma non è detto che possano rappresentare una legge generale».
Robert Lucas, Nobel per l'economia, il padre numero uno della razionalità e dell'equilibrio dei mercati, è da un anno sotto attacco e la frase che pronunciò nel 2003 come presidene dell'American economic association gli è stata rimproverata infinite volte. «Il problema centrale della prevenzione di una fase depressiva, sotto ogni aspetto pratico – disse allora -, è stato risolto, e lo è stato di fatto per molti decenni». «Quanto è successo non doveva succedere», conclude ricordando le teorie. «Ma è successo». È l'ora di Geanakoplos e dei suoi, sparsi ma ormai non più sparuti, compagni di cordata.