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I MERIDIANI SUL GIORNALISMO / GLI ARTICOLI DEL SOLE 24 ORE
Piccolo grande italiano

di Goffredo Fofi

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22 DICEMBRE 1996

MITI CHE SE NE VANNO - Mezzo secolo di vita nostrana si specchia nei vizi e nelle virtu' dell'irripetibile Marcello

<Uno come noi>, dicono i mille necrologi che hanno riempito in questi giorni stampa, televisione, radio, non solo in Italia. E' come se, piu' che il Paese, una vasta categoria di artisti, intellettuali di vario ordine e grado, critici, informatori e politici, volesse specchiarsi nelle virtu' di Mastroianni, e anche nei suoi comprensibili, minori, condivisibili limiti. Uno specchio? Davvero uno come noi?
Mastroianni ha incarnato per molti aspetti 'l'uomo comune' di mezzo secolo di vita italiana, ma poiche' le sue radici e il suo carattere erano forti, ha resistito assai bene a quel bisogno di ostentare una personalita', di darsi una visibilita' anzi un look che ha travolto molti suoi coetanei e quelli venuti dopo, nella societa' dello spettacolo e della fama.
Ricordate il saggio di Natalia Ginzburg Le piccole virtu', che a inizio degli anni Sessanta nel pieno di una trasformazione sociale e antropologica del Paese, fu un piccolo manifesto di esigente buon senso e moralita'? Vi si diceva che era un vizio quello di insegnare le 'piccole virtu", e di trascurare invece come nel Paese si era sempre finito per fare, le 'grandi'. Possiamo sostenere che Mastroianni abbia finito per incarnare le piccole, e per questo il Paese gli si e' dimostrato cosi' grato, e lo ha seguito con amore e rispetto nel corso dei lustri? Si', possiamo; ma mettendo in conto un fatto importante: che dal tempo del pamphlet della Ginzburg anche le piccole virtu' hanno cominciato a diradarsi a diventare un segno di qualita' e a crescere di importanza perche', semplicemente, andavano scomparendo anche quelle.
Nella 'commedia all'italiana', genere portante del nostro cinema e del nostro sistema dei media, del nostro humus e brodo di coltura, i rivali di Mastroianni sono stati Sordi, Gassman e Tognazzi, ognuno variante di uno stesso 'tipo' sottoposto negli anni del boom alle stesse tensioni, quando perfino la maschera di Sordi sembro' incivilirsi e farsi morale, operando (nei film) scelte che non erano di mera ipocrisia, usando della sola affermazione e difesa degli interessi propri e familisti. Poi pero' prevalse ancora il 'particulare' e si scese pian piano e inavvertitamente piu' in basso; gli italiani e le loro maschere si fecero piu' compiacenti, corrotte da una strana recita aggressiva e da una stessa complicita'. Per questo i tanti che oggi scrivono di Mastroianni che fu <uno come noi> hanno forse piu' torto che ragione, perche' nella sua modestia e nel suo rifiuto di essere diverso da cio' che era Mastroianni e' stato migliore di quel <noi>, nello stesso tempo in cui e' stato, per gli stessi motivi, per la stessa accettazione dei limiti propri e della sua epoca, meno di cio' che avrebbe dovuto e potuto essere, lui come tanti altri che hanno avuto coscienza della trasformazione e della corruzione e non hanno voluto offrirsi come modello piu' forte e chiedere di piu' a se stessi anche a costo di risultare, per la grande ipocrisia di massa, meno 'simpatici'.
Meglio del 'noi' ma peggio di un altro possibile 'noi', la colpa vera di questi attori che hanno avuto l'immensa possibilita' di rappresentare un'epoca o una mutazione e' stata quella dell'autoassoluzione e di una condiscendenza verso i difetti della nazione, che non mi pare sia del tutto perdonabile. Loro erano solo attori, si dira', e Mastroianni insisteva nel preferire alla parola 'recita' (rappresentazione) e alla parola 'attore' (che indica uno che recita una parte, ma anche uno che agisce una parte) la parola straniera player e to play, joneur e jouer, riconducendo tutto al gioco, e con cio' stesso a una deresponsabilizzazione nel gioco che rivendica l'infanzia contro la maturita'. Appunto. (Se pero' per l'attore si puo' parlare di deresponsabilizzazione, per il registra, per lo sceneggiatore, per il produttore delle nostre 'commedie' davvero 'all'italiana', bisognera' pur parlare di irresponsabilita', o di responsabilita' negativa).
'Di meno' di cio' che avrebbe potuto essere, Mastroianni fu 'di piu" di cio' che sono stati gli altri. Lo stesso discorso mi pare possa valere anche per Tognazzi, nel campo della commedia italiana, mentre non mi pare possa valere per Gassman, Sordi e Manfredi, personaggi fermi sul 'di meno', dopo la parentesi degli anni Sessanta.
Insomma: basta l'ironia, la coscienza, l'affermazione delle proprie mediocrita' a salvare quel 'noi' che Mastroianni avrebbe cosi' ben rappresentato? Insomma: non c'e' dietro questo compianto per Mastroianni della 'famiglia del cinema', della 'famiglia dei media', della 'famiglia del potere', della 'famiglia italiana', qualcosa di sbagliato e infine di irritante?
Non intendo essere oltremodo moralista, e rimarcare, che so, la differenza nei commenti seguiti alla morte di un 'padre della patria' della statura di Dossetti - pieno di nemici anche post-mortem, a segno della sua vitalita' - con il tono delle commemorazioni pressoche' unico, e numericamente ben piu' massiccio, seguito alla morte di un attore pur importante come Mastroianni. La societa' dello spettacolo premia chi vi dedica la vita, e' ovvio; ma, appunto, premia se stessa, e il rischio e' che l'ottimo Mastroianni finisca per essere, come fu per il suo amico e sodale Fellini, l'occasione per esaltare e riaffermare se stessa (la 'famiglia') piuttosto che per analizzare grandezza e miseria delle proprie cristallizzazioni in figure rappresentative.
Forse la vera qualita' umana di Mastroianni ad emergere con piu' limpidezza e simpatia nelle e oltre le commemorazioni di questi giorni e' l'autoironia, non l'ironia di cui tutti o quasi in Italia sono ormai capaci, e sempre a danno degli altri, ma proprio l'autoironia, lo sguardo disincantato, questo si' davvero 'adulto' verso se stesso, il proprio mestiere, la propria immagine pubblica.
  CONTINUA ...»

22 DICEMBRE 1996
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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