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I MERIDIANI SUL GIORNALISMO / GLI ARTICOLI DEL SOLE 24 ORE
Parole disegnate sull'acqua

di Giuseppe Pontiggia

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4 GENNAIO 1998

L'album di Dicembre - Un invito a dubitare delle troppe certezze veicolate da vecchi e nuovi mezzi di comunicazione

«... PAGINA PRECEDENTE
Proprio di Heidegger ho letto in questi giorni un breve libro appena pubblicato da Guanda, a cura di Alessandra Iadicicco. Si intitola Soggiorni ed e' il diario di un viaggio in Grecia compiuto nel 1962, a 73 anni. Meta segreta e' l'incontro con cio' che fa della Grecia il centro di una geografia interiore. Heidegger non lo percepisce a Olimpia ne' a Creta ne' a Rodi, finche' a Delo e poi sull'Acropoli di Atene e infine a Delfi ne coglie la misteriosa presenza.
Dovessi dire che cosa e' un viaggio, nel suo significato piu' importante, direi che e' questo, la scoperta di un soggiorno dove gia' dimoravamo.
Il viaggio che i cultori della realta' virtuale ci propongono e' l'opposto. Ma forse neanche questo e' vero. Forse anche loro hanno navigato per scoprire qual era il soggiorno dove gia' dimoravano.
Solo che questo soggiorno era il vuoto.

16 dicembre
Straordinario. L'abuso l'ha reso ordinario.

21 dicembre
Mi sono regalato alcuni volumi per le feste di fine anno (nessuno, come l'amante dei libri, riceve tanti doni da se stesso). Tra questi ce n'e' uno pubblicato dall'editore Panini di Modena, sesto della collana Mirabilia Italiae. Curato da Patrizia Angiolini Martinelli, esplora la Basilica di San Vitale a Ravenna. E' una 'visita guidata' dentro il monumento, una investigazione capillare e dilatata. Ed e' qui che mi imbatto in una delle Mirabilia dell'Italia burocratica, eterna forse come la sua arte. In uno dei saggi che accompagnano l'Atlante e ne consentono una lettura stratificata, Nora Lombardini ripercorre, con cronologia rigorosa, le vicende del monumento dal 1860 a oggi. Si arriva cosi', dopo la sospensione dei restauri durante la seconda guerra mondiale, al cosiddetto periodo della ricostruzione. Ed ecco tutto quello che accade nel 1952: «Il geometra Savini, dipendente della Soprintendenza, ebbe modo dinotare che una vecchia lesione si era riaperta. La mancanza di una scala che permettesse di avvicinarsi per poter ispezionare la lesione con maggiore attenzione impedi' una valutazione sul fatto che la lesione potesse riguardare solo l'intonaco o anche la muratura sottostante».
Dunque anche nel periodo piu' alacre del dopoguerra la mancanza di una scala diventa decisiva. Non occorreva una ruspa ciclopica, ne' una sonda archeologica, ne' una gru girevole. Occorreva una scala di legno, antica, agraria, italica. Non si riesce a trovarla. Essenziale comunque non e' la soluzione del problema, ma la stesura del rapporto. E questo viene consegnato alla Storia.

28 dicembre
«Non ho parole». Quale occasione migliore per tacere? Eppure non e' che il prologo. Di solito segue una alluvione di frasi irresponsabili, nobilitate, agli occhi o meglio alle orecchie di chi le pronuncia, dall'alibi dell'emozione, mentre si tratta solo di scarsa famigliarita' con il pensiero. L'ultima prova e' stata offerta dai funerali di Strehler, toccanti nella loro semplicita', ma funestati da alcuni commenti, in diretta o in differita. Chi aveva parole credibili da dire le aveva dette, come Raboni sul «Corriere», mostrando che in Strehler al narcisismo psicologico si contrapponeva l'umilta' piu' feconda di fronte ai testi. Altri hanno dato il contributo piu' accettabile in questi casi, cioe' un ricordo illuminante (troppe volte e' agiografico non per il defunto, ma per chi lo racconta). Altri sono riusciti a proporre una immagine addirittura positiva, ma non gratuita, della sua morte (almeno per lui, che pero' non e' poco), avvenuta in un periodo di nuova vitalita', di rinata fiducia nel futuro e nei rapporti, finalmente costruttivi, con le istituzioni. Quello che invece lasciava perplessi era il linguaggio straziato di alcuni, chiamiamoli cosi', interpreti del suo teatro (ma questa volta con un copione ahime' personale).
C'era chi, prossima al deliquio, lasciava pause abissali tra una battuta e l'altra, non si capiva se per trovarla o per prolungare la suspense (e l'intervista). Altri irrompevano con una notizia sconvolgente e soprattutto nuova, la morte del teatro, offrendo l'ultimo argomento a un tema glorioso, di natali incomparabilmente piu' antichi che la morte del romanzo.
Altri si rifugiavano in una evasione mistica, alludendo a un ritorno dello scomparso. L'aggettivo piu' ricorrente, a proposito della morte, era 'incredibile', con le varianti di 'inaccettabile' e di 'imprevedibile'. Ora si sa che nessuna cerimonia come un funerale favorisce l'enfasi (anche se l'evidenza del destino comune dovrebbe ispirare il contrario) e alimenta l'euforia mortuaria. Il silenzio del defunto viene soverchiato dalla voce dei sopravvissuti (forse per questo Strehler non aveva voluto orazioni funebri). Interessante era pero' l'idea che le parole lasciavano trasparire, al di la' del tumulto emotivo che voleva avallarle: e cioe' l'idea che la morte sia incredibile, mentre e' l'unica certezza che, a quanto pare, resista nel tempo. Uomo, in latino, ci riporta all'humus, come Adamo, in ebraico, alla terra, e mortali era l'appellativo con cui i Greci chiamavano gli uomini, a sottolinearne una consapevolezza ignota agli esseri superiori e inferiori. Mai il mondo classico, che pure ha creato due generi immortali, quello dell'elogio e quello dell'epitaffio, avrebbe condiviso questo orizzonte linguistico. Solo la nostra societa' puo' riconoscersi nella 'incredibilita" della morte, che infatti nei modelli piu' avanzati, come vengono definiti gli Stati Uniti, viene trasformata in ibernazione materiale del defunto e in ibernazione mentale dei vivi.
  CONTINUA ...»

4 GENNAIO 1998
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