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LO SVILUPPO POSSIBILE / Crescere con riforme gratis

di Renato Brunetta

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7 maggio 2010
brunetta Crescere con riforme gratis

L a crescita economica è - o dovrebbe essere - il nucleo dell'agenda politica italiana. Nel dibattito avviato sul Sole 24 Ore del 2 aprile da Guido Tabellini e Giorgio Barba Navaretti, la centralità della crescita è stata razionalizzata con argomenti diversi. Ma dovrebbe essere altrettanto diffusa la consapevolezza che la crescita non potrà essere cercata nei deficit di bilancio.

I benefici della gestione oculata del bilancio pubblico italiano durante la crisi risultano chiari in questi giorni difficili in cui è lo stesso impianto dell'Unione monetaria europea ad essere messo in crisi di fronte alle difficoltà di finanziamento dei debiti sovrani di alcuni paesi membri. Ma la crescita rimane il problema centrale dell'economia italiana. Anche perché una gestione prudente e rigorosa del bilancio è stata caratteristica di molta parte del decennio. Le difficoltà per i conti pubblici non sono venuti dal numeratore ma dal denominatore del rapporto deficit/Pil, cioè dalla scarsa crescita.

L'Europa è probabilmente condannata nei prossimi anni a una crescita bassa, anche a causa dei non eludibili obiettivi di risanamento delle finanze pubbliche. D'altra parte, poiché la ripresa mondiale sarà incerta, non omogenea nelle varie aree del mondo, e in un contesto concorrenziale, non è sufficiente aspettare il suo traino. L'Italia deve trovare al suo interno la strada per accrescere competitività e produttività per fondare su di essa l'aumento dei redditi.
Due sono i punti dell'analisi. Primo, le istituzioni di elevata qualità sono cruciali per la sostenibilità delle finanze pubbliche, poiché procedure di bilancio responsabili, sistemi efficienti di raccolta delle tasse e di monitoraggio dei flussi di spesa, organizzazione e gestione moderne della pubblica amministrazione, in tutte le sue articolazioni, rafforzano in maniera decisiva la posizione di bilancio del governo. Secondo, le buone istituzioni sono associate con una crescita economica più sostenuta.

Il nesso tra istituzioni di qualità, sostenibilità delle finanze pubbliche e crescita economica è ormai un punto consolidato della letteratura economica recente. Questo nesso assume nelle circostanze italiane un significato peculiare. Si tratta della chiave di volta per far sì che l'eredità di una situazione deteriorata del bilancio pubblico non annulli la capacità di adottare politiche pro-crescita attive. Politiche che devono essere basate su riforme fondamentali il cui ostacolo non risiede nel loro costo, poiché esse sono in gran parte a "costo zero", ma nell'opposizione di interessi stratificati in difesa dello statu quo.

In un sistema come il nostro dove la polarizzazione sociale e politica è tradizionalmente tenace e persistente, i tagli di una spesa corrente che alimenta i mille rivoli delle erogazioni pubbliche su cui si esercita il potere (e la rendita) degli stakeholder sono problematici. E d'altra parte proprio la frammentarietà e l'incoerenza di questa spesa sono all'origine dei problemi della nostra storia recente, a cominciare dal dualismo Nord-Sud. Riforme a costo zero, ma che possono produrre risparmi, sono quindi le più difficili da attuare. Oggi dobbiamo dare una risposta diversa a queste difficoltà attraverso criteri di selettività. Nel privato, la selezione viene dalla concorrenza che premia il merito e l'innovazione, nel pubblico significa porre in essere meccanismi selettivi d'incentivazione del merito che si basino su risultati al tempo stesso d'innovazione e di risparmio.

Quando le imprese si ristrutturano per tagliare i costi, debbono al tempo stesso effettuare degli investimenti. Per spendere 100 in meno su alcune voci, devo spendere 30 in più per consentire l'innovazione su un altro capitolo di spesa. Il risultato è maggiore competitività e un risparmio di 70, una riforma a costo "sottozero".

È dunque necessario superare una politica di rigore di bilancio basata su tagli lineari automatici della spesa. La politica economica per la crescita è politica dell'offerta. Per far tornare a crescere il prodotto potenziale e la produttività della nostra economia occorre incidere sui fattori che influenzano lo sviluppo: il capitale fisico, la quantità e la qualità del lavoro, l'innovazione, la piattaforma istituzionale, la concorrenza e l'apertura dei mercati. Molti di questi interventi non sono resi impossibili dal vincolo del bilancio pubblico, anche se questo costringe a scelte impegnative delle risorse limitate. Le priorità consistono negli interventi di riforma e nelle scelte di destinazione delle risorse che incidono sulla modernizzazione ed efficienza sia del settore pubblico - premessa della riduzione della spesa pubblica corrente - sia di quello privato.
Quando i meccanismi di controllo selettivi e d'incentivazione sono deboli, anche la centralizzazione del bilancio è incapace di ridurre i deficit di bilancio. Il risultato viene cercato attraverso riduzioni automatiche lineari della spesa sia corrente sia per investimenti. Ma i tagli automatici non sono di per sé efficienti. Perché questo approccio rischia di non eliminare effettivamente gli sprechi, che rimangono proprio laddove i margini d'inefficienza sono maggiori, e di far venire meno o ridurre le risorse laddove esse servono proprio per aumentare la produttività della pubblica amministrazione e la qualità dei servizi o dei beni pubblici forniti in settori strategici per la crescita (istruzione, sicurezza, giustizia).

  CONTINUA ...»

7 maggio 2010
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