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Insomma, non c'è dubbio che la minor flessibilità del sistema italiano e i retaggi culturali rendono più difficile per un'italiana riuscire a conciliare le istanze familiari con le esigenze di una professione che comporta continui spostamenti e grande impegno. «Io non mi sono mai sposata, né ho avuto figli. Quindi c'è stata una decurtazione della mia vita personale», dice l'ambasciatore Mirachian, che però precisa: «È stata una mia scelta, di cui non mi pento affatto».
Al di là dei ritardi socio-culturali del nostro paese su questo fronte, cosa pensano le nostre signore ambasciatori della sensibilità alle problematiche femminili dimostrata dalla Farnesina? Brunella Borzi, capo missione a Bratislava, sposata con una figlia, non ha esitazioni: «Anche mio marito era diplomatico e devo dare atto alla nostra amministrazione di aver sempre dimostrato grande comprensione».
Quindi niente pregiudizi anti-femminili? «Casi di maschilismo manifesto non ne ho mai riscontrati», risponde Ombretta Pacilio, ambasciatore a Managua e prima donna a rappresentare l'Italia nelle Americhe. «Mai avuti problemi veri», conferma la collega di Oslo, Rosa Coniglio. «Adesso mi sembra ci sia grande comprensione e apertura alle istanze femminili», precisa Borzi.
L'ambasciatore Mirachian è più esigente: «Oggi non c'è alcuna discriminazione. Ma non significa che io sia ancora soddisfatta della posizione raggiunta dalle donne. Si meritano di più. Perché mediamente sono molto brave».
Insoddisfatta è anche la sua collega Kelescian: «Dai numeri noto che, oltre un certo grado di carriera, le donne sono meno favorite. Escludo ci sia differenza di trattamento nei primi dieci anni di carriera, ma più in alto, nei posti apicali, si nota una caduta a picco della percentuale femminile. Anche a parità di curriculum».
Secondo Caterina Bertolini, che a 50 anni è la più giovane ambasciatore donna italiana (con sede a San Salvador), da una parte c'è un contesto socio-culturale che non aiuta - «Quanti mariti italiani sono disposti a seguire la moglie in giro per il mondo?» - e dall'altra un'amministrazione che non ha ancora istituzionalizzato un numero sufficiente di iniziative concrete a sostegno delle istanze femminili. Anche se, spiega Bertolini, con il pungolo dell'associazione "Donne in diplomazia e dirigenti" si stanno facendo passi avanti. L'ambasciatore Kelescian azzarda anche un'altra possibilità: «Comincio a pensare che, per i posti più importanti, quella delle quote femminili non sia una brutta idea».
Tra tanti svantaggi, essere donna offre almeno un vantaggio. «Almeno inizialmente c'è un maggior interesse da parte dei nostri interlocutori», sottolinea Pacilio. «Forse inconsciamente c'è anche un'ammirazione maggiore», aggiunge Della Croce di Dojola. Il fatto che nei paesi scandinavi i nostri ambasciatori siano oggi donne ha dato inoltre all'Italia un vantaggio aggiuntivo: ha contribuito a cambiare l'immagine un po' maschilista che si ha di noi in quei paesi. Peccato che tra un paio di mesi ne rimarrà una sola.
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